lunedì 31 dicembre 2012

Rita e Damini, due donne

Il 30 dicembre è morta la senatrice a vita Rita Levi Montalcini.

Sentite come fanno ironia le due parole giustapposte, vita e morte? Se togliamo la carica ed evitiamo la sequenza resta il fatto che ci restituisce la persona. Una persona che aveva 103 anni, che aveva vinto il premio Nobel per la medicina, che aveva scelto di non sposarsi per dedicarsi alla scienza.

Il 29 dicembre è morta la studentessa di 23 anni brutalmente violentata due settimane prima a New Delhi. Damini, il soprannome scelto per chiamarla e che significa luce, illuminazione, studiava medicina e stava per sposarsi.

Politici e personaggi dello spettacolo stanno imparando a usare Twitter, da cui mandano a dire che #ritamontalcini è stata una donna straordinaria, un orgoglio per l’Italia, un esempio di dedizione e passione per la ricerca. E altro ancora.

Chissà quale pensiero, ricordo, intuizione avrà (avrebbe) avuto Rita quando ha appreso della notizia della studentessa indiana che non ha potuto realizzare il sogno di una professione e di una famiglia, lei che contro il volere del padre si era iscritta all’università, si era rifugiata a Bruxelles a causa delle leggi razziali del governo fascista, lei che è riuscita a essere tenace.

“Il futuro del pianeta dipende dalla possibilità di dare a tutte le donne l'accesso all'istruzione e alla leadership. È alle donne, infatti, che spetta il compito più arduo, ma più costruttivo, di inventare e gestire la pace”, diceva la scienziata.

Sempre compiti di responsabilità, quelli delle donne, assunzione di scelte importanti anzi vitali, il coraggio di aprire la bocca e dire “Voglio vivere”, come ha fatto Damini ma poi non ce l’ha fatta e “Quando muore il corpo, sopravvive quello che hai fatto, il messaggio che hai dato”, profetica e inconsapevolmente beffarda Rita Levi Montalcini.

Eppure, nonostante i tweet più intensi, i ricordi personali, le proteste e le marce, il premio Nobel, c’è strisciante anche nelle nostre case, nei nostri uffici, tra i nostri amici la paura di non trovare l’applauso delle donne, di ascoltare i motivi di un no, di accogliere una sofferenza in silenzio. C’è, anche da parte delle donne, la paura di fare i conti con la sanzione sociale che, volutamente sorda a discorsi che incitano a “tirare fuori le palle”, “mostrare i muscoli” e “sfogarsi a casa per una giornata di lavoro pesante”, non perde mai la voce per gridare alla donna sola se non vince il Nobel, corresponsabile del suo delitto se porta la minigonna, rivoluzionaria se legge i libri e il part time non sa cosa sia.

“Addio a Rita Levi #Montalcini che ha puntato tutto sulla parte più bella delle donne: il cervello”, dice un tweet al femminile. Non sono d’accordo, perché non mi va di considerare le mie gambe, i miei occhi e tutto il resto cose diverse dal mio cervello, visto che viaggiano insieme e li conosco da tanto tempo. Non mi va, per questo, di fare confronti con gli uomini, perché con loro sto bene e li rispetto. Non ho bisogno di mostrare nulla né di dimostrare niente.

Le donne che leggono sono pericolose, era il titolo di un bel libro di Stefan Bollmann e Elke Heidenreich di qualche anno fa, che raccontava la storia della lettura femminile nei secoli attraverso dipinti, disegni e fotografie di donne lettrici. Nella prefazione Daria Bignardi scriveva: “Le donne che leggono sono pericolose perché non si annoiano mai e qualunque cosa accada hanno sempre una via di fuga: se ne infischiano se le fai troppo soffrire perché loro s’innamorano di un altro libro, di un’altra storia, e ti abbandonano. Le donne che leggono sono pericolose perché nutrono i loro sogni e non c’è nulla di più rivoluzionario di una donna che sogna di cambiare la propria vita: se lo fa, farà la rivoluzione, se non lo fa seminerà il terrore”.

Dunque, visto che sempre su Twitter Fabrizio Roncone risponde al sindaco di Roma #Alemanno: "Ho visto la camera della #Montalcini. Era piccola e piena di libri...". Già, signor sindaco, i libri”, auguro a tutti un 2013 pieno di libri, pieno di donne pericolose, pieno di uomini coraggiosi. Perché la rivoluzione non si fa da sole e quando sei abituata a condividere non torni più indietro.



sabato 29 dicembre 2012

L'uomo artigiano, musica dalla discarica

Be', un po' sfaticata lo sono, in questi giorni di vacanza in cui continuo a lavorare fino alla fine dell'anno, ma manca poco, in cui c'è ancora la corsa a fare cene, incontri e aperitivi come se ai Maya credessimo ancora, chi lo ha fatto, e in cui le sorprese, per chi le sa riconoscere, stanno dietro l'angolo.

Il violino, Landfill Harmonic
E da sfaticata lascio un link senza commento, mi piace è solo quello che dico. Se vi piace, condividete e andate a cercare altre informazioni in rete e tra gli amici;-)

Landfill Harmonic: musica, riscatto, progetto.

giovedì 27 dicembre 2012

Storie di Natale

A Natale segnalavo Cowbird, la piattaforma che raccoglie brevi storie fatte per durare: un'immagine, un breve testo, a volte il racconto audio di un'esperienza che resta e diventa memoria. Dicevo qui che ognuno può scegliere il racconto della realtà che più lo ispira e goderselo in questo sito che costruisce una memoria collettiva di porzioni di realtà regalate dagli utenti.

Oggi segnalo le storie di Natale che lo stesso sito ha raccolto per noi: http://cowbird.com/tag/christmas/stories/beloved/mosaic/

Spesso frammenti di vita familiare, poche a dire il vero con l'audio, le storie di Natale sono in inglese ma si capiscono facilmente e viene voglia di iscriversi e sperimentare la narrazione multimediale collettiva;-)



martedì 25 dicembre 2012

Un sonoro Buon Natale

E insomma non sapevo cosa regalare ai lettori di Parole in cuffia per Natale. Non volevo altre parole scritte ma solo suoni, però volevo anche delle storie, magari semplici semplici. E visto che come al solito non ho fatto in tempo a raccoglierle io, le storie che ho in testa e che incontro per strada, sono andata sul sito Cowbird.com, ne ho ascoltate alcune e ora ve le segnalo tutte. Non mi va di scegliere il giorno di Natale, fatelo voi:-)


No matter if they are all in English: sounds will help you to grasp the truth inside all the listening words. And it's not a kind of magic!

Vai su Cowbird.com, scegli Search e clicca sull'icona microfono, poi lasciati ispirare dall'immagine, dalle prime righe della storia, dal numero delle persone a cui già piace quello che hanno ascoltato.

Buon ascolto e buon Natale.

sabato 22 dicembre 2012

Car le documentaire est un projet

Nel giorno dopo le dimissioni del presidente del Consiglio Mario Monti e in cui a Berlino il ministro per la Famiglia Kristina Schroeder propone di usare l'articolo "das" e il pronome "es" per indicare e parlare di Dio - in italiano suggerirei di nobilitare il romano "er" a questo scopo - a me piace rileggere i consigli per realizzare un buon documentario sonoro che il responsabile di Art Radio Silvain Gire ha scritto qualche tempo fa.
Lui li chiama paradossi, e il primo è sicuramente la realtà, "Le réel est une illusion soluble dans l'alcool". Il Manifesto è in francese, ma la lettura è facile. Più difficile è realizzare un documentario. Perché?


"Car le documentaire est un projet. C'est-à-dire un point de vue, une narration, une mise en scène, un dispositif d'enregistrement, une situation construite. Avec parfois des personnages".


"Perché il documentario è un progetto, cioè un punto di vista, una narrazione, una messa in scena, una registrazione, una situazione costruita. A volte con dei personaggi.

Questo il link al documento per esteso:
http://www.arteradio.com/blogarticle/7/10_paradoxes_du_documentaire_sonore_/

mercoledì 19 dicembre 2012

Sorridi, sei un leader

Il fatto pubblico: Sorridere sì, ridere un po' meno. Non proprio mai, ma con moderazione e "senza giusta causa" può essere motivo di crisi, magari soltanto interiore, che è la peggiore. Parliamo dell'atteggiamento di essere leader, dell'atteggiamento verso il ruolo e dunque dei comportamenti corrispondenti. Su Linkedin un sorridente Neep Nishar, "senior Vice President, Products & User Experience del network che gestisce la rete di professionisti di tutto il mondo, spiega che per essere un buon leader bisogna tornare a essere umani, cioè mostrare le proprie emozioni nel caso.

Non cita nessuna ricerca ma inizia con un fatto personale, il momento della sera quando sfoglia i vecchi album di foto insieme alla figlia che una volta gli ha detto: "Papà, dovresti sorridere di più".
Ottimo comunicatore e storyteller, sintetico ed efficace: il fatto privato, molto umano, e se fosse anche molto analogico (gli album di foto su carta) non mi stupirei neanche. 


Il fatto privato
: Che strano leggere questo breve articolo di prima mattina, quando proprio ieri sera un mio amico e collega mi faceva notare quanto io sul lavoro metta tanta passione insieme a troppa emotività: c'è bisogno di maggior distacco e lucidità per analizzare le situazioni, prendere decisioni, trovare e proporre soluzioni. Per la prima volta gli ho dato ragione perché la riflessione di Nishar la facevo mia ancor prima di leggerla, perché per me è più facile condividere gioie e preoccupazioni che trattenerle, perché ho la presunzione di poter mettere insieme i consigli dell'amico con quelli dell'esperto su Linkedin ed essere pienamente Alessia:-)


domenica 16 dicembre 2012

Questioni di carattere

Un giorno dopo il consueto appuntamento del sabato, raccolgo qualche riflessione su qualche fatto della settimana che mi riguarda. Potrei sintetizzarla così, lettering vs calligraphy. Più chiaramente, vado in tipografia vs scrivo a mano. Dove tipografia vuol dire usare il computer;-)

Durante un pranzo coi colleghi che sviluppano app, mi trovo a prendere la mano di uno e a darle il giusto verso rispetto al tavolo-scrivania, al vassoio-foglio con gli gnocchi, alla forchetta-penna che impugna affamato. Mi guarda atterrito e mi confessa che non sa scrivere, che non scrive più, a mano. E che, se capita e se deve, usa lo stampatello. Gli fanno eco i colleghi che hanno già mangiato il primo gnocco: non si parla con la bocca piena, non si scrive solo al pc o al mac.

E io vorrei insegnare loro quello che ancora non conosco ma che non ho mai perso: scrivere facile, non solo nel senso, ma prima di tutto nel tratto. Non prima il contenuto, ma di nuovo la forma, la grafia cioè. Così gli appunti dell"informatico evoluto" saranno un corsivo chiaro, facile e ben ritmato, e un regalo a chi li leggerà per poi trasformarli in altro. Così racconto il laboratorio di Monica Dengo Il potenziale creativo della scrittura a mano, a cui ho partecipato lo scorso novembre a Roma e di cui ho parlato qui.

Copertina dell'album del 2000
All that you can't leave behind, U2 

Seconda scena, per un video dedicato all'innovazione mi chiedono quale font sia meglio usare. La risposta non può essere una, bisogna immergersi nello spirito del video, immagini e testi compresi e anche nella voce off che s'è scelto di usare. Si può procedere anche per contrasti: per esempio frizzante la voce off, grave il carattere.
Scegliamo l'Eurostile. Il fatto che l'abbiano scelto  gli U2 prima di noi, per la copertina dell'album All that you can't leave behind del 2000 mi rinfranca: del resto, non si può guardare avanti senza prendere qualcosa da dietro. E' un carattere robusto, solido, tecnico e l'azienda per cui realizziamo il video lo è.

E' stata una scelta difficilissima, sicuramente non perfetta, immersa in tante altre questioni che mi fanno ancora una volta convincere quanto sia necessario l'ascolto del contenuto che esprimiamo per trovargli quella forma che gli consenta di stare bene da solo e con gli altri, un po' come capita a noi nei diversi contesti in cui ci muoviamo, no?

E anche in questo caso la scrittura a mano avrebbe aiutato a trovare l'ispirazione e la font giuste, il vero carattere innovativo;-)




martedì 11 dicembre 2012

Il paratesto delle radio

Il fatto pubblico: Leggo da un tweet di Andrea Borgnino di RadioRai che all'università di Roma è nata una nuova webradio, si chiama Radio Allarme e giovedì alle 17.30 all'aula 5 di san Pietro in Vincoli (quindi Facoltà di Ingegneria) lo stesso Borgnino per la seconda puntata parlerà di webradio.
E io che faccio? Guardo la tagline del sito "gira la manopola, alza il volume, fatti sentire" e le immagini del blog che rimandano all'oggetto radio analogica, a un tempo in bianco e nero, alla lotta. E penso che nonostante i suoni siano ormai usciti da quell'oggetto funzionale e romantico, proprio l'infanzia di quell'oggetto noi continuiamo a portarci dietro, e dentro. E per questo non metto nessuna foto a questo post:-)

Il fatto privato: Giovedì vorrei staccarmi dai font e dalle font quotidiani e andare ad ascoltare dal vivo la puntata, riuscirò? Vorrei anche esaminare con più calma le tagline delle nostre e della altrui radio, in fondo la promessa di un buon ascolto passa anche da lì.

sabato 8 dicembre 2012

Post celebrativo ma autentico

Inizio la settimana appena passata con una discussione sulla comunicazione dei due candidati premier del Pd, Pierluigi Bersani e Matteo Renzi. Non scrivo quello che covo da un po' di tempo e per questo linko sui social network direttamente le riflessioni della semiologa Giovanna Cosenza, questa su Renzi e questa su Bersani. Apriti cielo, bastano due link per passare come reazionaria tra i rivoluzionari. Continuo proponendo a un'associazione di cui faccio parte un contatto e una proposta proveniente da un'emittente radiofonica cattolica. Apriti cielo anche qui, prima dei commenti seri professionali arrivano quelli che mi parlano di ateismo, di nuovo di reazione, e di orrore verso chi non riconosce la libertà di esprimersi. Nel frattempo il Papa se ne va su Twitter.

Nel frattempo in ufficio, per tutti i giorni fino a oggi, sono impegnata con le riprese video di un'iniziativa di comunicazione interna che mi mette in contatto con nuove figure professionali chiamate per l'occasione: regista, assistente di scena, attori e attrici che sono colleghi di altre funzioni e altre città. Scopro in diretta quanto valga l'autenticità. Mi spiego, scrivere in azienda significa scrivania e computer, raccolta ed elaborazione di informazioni, puzzle di pezzi di testo tanti e diversi. Significa stare fermi e concentrati per ore. Io però vivo il ruolo in maniera dinamica, bussando di porta in porta se manca qualcosa, qualcosa non è chiaro, solo per un saluto all'improvviso. Sul "set" ho potuto fare di più: copione alla mano, mi sono messa al servizio delle scene, degli attori, dei tecnici, cercando di dare continuità col lavoro di ogni giorno anche se questo è stato diverso.

Se ne sono accorti, capi e collaboratori ed esterni. Si sono accorti che nonostante io non parli di passione sul lavoro - i motivi stanno in parte ancora in un post di Giovanna Cosenza ("Analfabetismo emotivo, ovvero: che cos'è una passione?", cercate nel motore di ricerca interna al suo blog) - mantenga quella linea di continuità tra attività diverse che a volte mi capita di svolgere, passi con disinvoltura dalla scrivania alle interviste in altri luoghi di lavoro, al set, alle riunioni importanti, quando mi brillano gli occhi e riesco perfino a svegliarmi presto vuol dire che dentro quel lavoro ci sguazzo come una bambina nella prima pozzanghera che conosce.

E da "frizzantina" consiglio all'associazione un approccio laico alla comunicazione e agli amici pro e contro Bersani e Renzi offro l'aperitivo per continuare a discutere;-)





domenica 2 dicembre 2012

Le vie del lavoro, storie in audio e non solo

Il fatto pubblico: Dunque, Timu in Swahili significa team, squadra. Timu è la piattaforma web della fondazione <ahref che vuole condividere storie di persone e temi utili per la comunità. Fra questi il lavoro, la scuola, l'immigrazione, i quartieri, l'innovazione. Chiunque può partecipare inviando contributi audio, video, testuali e fotografici.

"La principale caratteristica dell'informazione che sta su timu è quella di condividere un metodo di ricerca".
Per me interessante è la sezione Le vie del lavoro in cui diversi autori raccontano, ognuno a proprio modo, la realtà del lavoro che cambia e che non è solo o tutta brutta e difficile.
Potete scegliere qualsiasi storia su Le vie del lavoro, sono tutte belle. Io ho scelto le testimonianze raccolte da Cinzia Massa a Cristina e Agata, due storie operaie.

Il fatto privato: E' tempo di scaldare le cuffie e riaccendere il registratore, staccarsi dal pc e tornare per strada a camminare e incontrare le persone e le loro storie.


sabato 1 dicembre 2012

Trepidanti nell'attesa

Domani è la prima domenica d'Avvento, tempo che prepara nascite. Tempo quindi di trepidazione e d'attesa. Alzi la mano chi non sta nella pelle per qualcosa di grande e di bello che accadrà pur non sapendo cosa. Temo che le mani siano davvero poche.

Tempo delle donne, alla fine. E pure loro scrivono su Facebook che si avvicina il Natale, festa infernale. "No, invernale", ho detto a un'amica, "mi sa che t'è scappata una lettera". No, non le è scappata nessuna lettera, il Natale proprio non le piace, perché non le piace l'Avvento, perché sente anche lei la trepidazione che qui nel mondo abbiamo trasformato in traffico intenso nella capitale e saldi prima o dopo le feste. Però non sa cosa farci.

Un mio amico vorrebbe le prove scientifiche per sapere se deve trepidare anche lui oppure no, aspettarsi qualcosa che cambi la sua vita oppure no, e per questo si muove lento e pesante, eppur si muove anche lui, non può fare a meno di provare sulla pelle e sulle ossa la gravità di un evento che si prepara anche se non lui non parteciperà.

Eppure abbiamo così bisogno di partecipare. E quindi di attendere trepidanti. E sì, di avere anche timore, come l'etimo della parola suggerisce. Ma è un timore che fa parte del gioco, vorrei averne sempre uno e pure di più quando aspetto i risultati di un esame, prima di parlare in pubblico, sotto casa della persona che amo, prima della festa, insomma.

Ci sono tante nascite, quella dell'Avvento è solo una però ne contiene tante.
La nascita di un amore, di un partito, della Costituzione, di un'associazione, di un progetto, di un bambino: iniziano sempre da un tempo di attesa, da tanti momenti di sconforto, da trepidazione, portano con sé delusioni da mettere in conto, energia e fatica. Liberazione.

E poi quando siamo trepidanti siamo più belli, con lo sguardo rivolto al futuro e il corpo immerso nel presente più concreto.

E per sparigliare un po' le carte ricordo il discorso del direttore di La Stampa Mario Calabresi al Working Capital Camp di Torino, l'8 luglio 2009 a proposito di Innovazione. E non solo.




giovedì 29 novembre 2012

Un'altra vita, fuori il lavoro

Il fatto pubblico: "Il mondo lì fuori è bellissimo. E' l'obbligo di vederlo brutto che te lo fa vedere orribile". E' andato stasera in onda su Rai5 Un'altra vita, trasmissione condotta da Simone Perotti, l'autore di Adesso basta, che penso abbia messo in crisi parecchie persone e altrettante l'abbia lasciate indifferenti. Stasera si parla di lavoro e l'ospite con cui Perotti chiacchiera è il regista Silvano Agosti, autore di Lettere dalla Kirghisia, un libretto di qualche anno fa, che ha messo in crisi me.

In poche parole, ciò che lega i due libri e in particolare questa puntata della trasmissione furbetta, e che in tempi di crisi e crisi del lavoro può apparire sfacciata, è la necessità di ascoltarsi e scegliere la propria strada, senza gabbie e con coraggio.

Il fatto privato: Mentre scrivo questo post penso a quei "qualcuni" che potrebbero scegliere e non lo fanno - non è solo una questione di orari della giornata, però - e subiscono le scelte di altri. E' la differenza tra vivere ed esistere: vivere è più completo, più "umano", direbbe Agosti.

Musica e parole, jukebox letterario

Il fatto pubblico: Le poesie di Emily Dickinson ispirazione e racconto nelle canzoni dell'attrice, autrice Efrat Ben Zur. Lo segnalo dal sito Brain pickings di Maria Popova che ogni giorno mi lascia contenta perplessa sconvolta: quante informazioni belle e fresche su qualsiasi argomento che possa mettere dentro e tirare fuori dal nostro cervello semi di curiosità e creatività.

Letteratura e musica sono i generi che Maria Popova frequenta di più e le poesie di Emily insieme col canto di Efrat Ben Zur sono un esempio. Sono anche parte del suo progetto Literary Jukebox, in cui ogni giorno mette insieme un passaggio di un libro che ama con la canzone che secondo lei quel passaggio richiama. In sintesi, Daily quote from a favorite book, thematically matched with a song

Il fatto privato: Literary Jukebox lo trovo semplicemente stupendo. E' un modo semplice per frequentare buona musica e buone letture, brevi entrambe. Ma i semi sono piccoli prima di diventare fiori e piante;-)

sabato 24 novembre 2012

E il dolore passerà

La verità è che non riesco a dormire, che pure se l'orologio del blog segnerà qualsiasi ora che non sia quella riconosciuta oggi in Italia, metto per iscritto che sono le 5.00 di mattina e dovrei tornare a letto, dopo che una zanzara mi ha fatto svegliare - siamo a novembre, e allora? - e domani, cioè oggi, devo svegliarmi presto anche se è sabato.

Domani cioè oggi vado a salutare la mamma di una cara amica. Piangeremo insieme e ci abbracceremo perché l'abbraccio rassicura che il mondo resta benevolo anche se la mamma non c'è più. Non useremo parole, penso, immagino, di solito ne abbiamo sempre tante in bocca, senza dubbio troppe.

In certi momenti più che in altri vale tutto l'ascolto di cui siamo capaci anche se nessuno parla.

"... e viviamo convinti di essere i piloti piuttosto che i passeggeri", m'ha scritto ieri un amico, dimenticando che "il tempo è un bene concesso". Più essenziali, più immediati, più abbracci, più parole concrete, meno confusione. Più o meno, non oggi, almeno quello più brutto e il dolore passerà.

Il post del sabato pensavo di scriverlo su altro e invece succede qualcos'altro ancora che non ci fa dormire. Questo post lo dedico a Paola e alla mia amica Serena. Sono le 5.22.



giovedì 22 novembre 2012

La voce delle donne di famiglia

Il fatto pubblico: "Più da piccolo ascolti storie e più impari a tua volta a raccontarle", chiude così l'attore e regista Marco Baliani che in un video del 2011 su Rai Letteratura racconta la forza dell'oralità. E delle donne che raccontano: la madre gli leggeva i libri, la nonna gli raccontava le storie. "Con mia madre imparavo le parole, con mia nonna ho imparato i gesti". Guarda e ascolta il video su

Il fatto privato: Qualche settimana fa ho comprato un nuovo registratore e ho incontrato mia nonna, quella che in famiglia sa raccontare meglio di tutti qualunque storia. Le conosco tutte a memoria, quelle della guerra e lei incosciente sotto le bombe che le sembravano palloncini o caramelle giganti, quelle della fatica di mio nonno che parlava con Delia Scala e Aldo Fabrizi nella sua trattoria in centro, quelle delle vacanze al mare perché il figlio piccolo ne aveva bisogno, e lei in costume ci stava proprio bene.

Siamo solo all'inizio, dopo alcune prove in cui mia nonna guarda con sospetto il registratore e si sistema i capelli, ora chiede "Facciamolo ancora, quando ricominciamo?" E si ritorna piccoli.



sabato 17 novembre 2012

Compra, e in palio c'è il lavoro (forse)

"I Clienti che, nel periodo di durata del concorso, effettueranno una spesa minima di euro 30,00 (trenta,00) con scontrino unico presso i supermercati aderenti all’iniziativa, riceveranno una cartolina di partecipazione al concorso da compilare in ogni sua parte. La cartolina dovrà essere imbucata, a cura del partecipante, in apposita urna sigillata e vidimata da un notaio".

Di cosa stiamo parlando? Cosa si vince? I clienti nascono clienti e quindi portano la "c" maiuscola o è un dato acquisito dalla frequentazione, dalla scelta e dalla fedeltà?

Continuo, "I premi consistono in numero 12 posti di lavoro come “addetto/a alle operazioni ausiliarie alla vendita” presso i Supermercati...XXX (non mi va di citare la catena). Fra tutti i partecipanti al concorso saranno estratti, per ciascun punto vendita, 4 schede. L’estrazione avverrà entro il 20 gennaio 2013 alla presenza di un notaio".

Insomma, se volete saperne di più andate sul blog La nuvola del lavoro. Io inorridisco, e non sono choosy per niente.

Che il lavoro sia messo in palio, che dipenda da quanto consumo e dall'estrazione di numeri e quindi dalla fortuna mi fa indignare, perché proprio di dignità negata si tratta. Che ci sia di mezzo pure il notaio mi fa venire l'ansia e in mente soldi che se ne vanno. E poi sempre lavoro precario è.

L'iniziativa messa in piedi da una catena di supermarket attiva nel Lazio con sede a Monterotondo (Roma) è un segno dei tempi, tempi di crisi, certo, ma non tali da giustificare la bislacca idea, per usare un eufemismo. E pensare che qualche anno fa scherzavo con alcuni colleghi ipotizzando un bingo sul lavoro e annusando l'ariaccia che cominciava a tirare. Possibile che non ci vengano idee da trasformare in progetti ma solo stupidaggini pericolose? Buon fine settimana.

giovedì 15 novembre 2012

La mappa sonora di Londra

Il fatto pubblico: Vi ricordate? Ne avevo parlato qui e anche qui, delle iniziative che realizzassero o che hanno già realizzato una mappa sonora della città. Quella di Bologna mi piace proprio tanto.
Ora scopro quella di Londra, tutta in sotterranea come le linee metropolitane con cui seguire le registrazioni fatte. Va bene, è tutta sui suoni di rivoli e canali, ma immensamente piacevole. Un'altra Londra.

Il fatto privato: La London Sound Survey, da cui ho riportato la particolare mappa sonora di Londra, è una miniera di informazioni preziose tutte da ascoltare. Questa la tagline, London Life in Sound. E questa l'intro più lunga: "Welcome to the London Sound Survey, a growing collection of Creative Commons-licensed sound recordings of places, events and wildlife in the capital. Historical references too are gathered to find out how London's sounds have changed". Fantastico.




martedì 13 novembre 2012

Il tempo del lavoro

Il fatto pubblico: Se non si fosse capito, mi piace leggere il Corriere della Sera e tutti i suoi supplementi, allegati, inserti, iniziative online. Anche quelli che nel tempo si sono riempiti di troppe pubblicità, come per esempio Io donna il sabato. Ecco, dal domenicale La lettura e dal blog La 27Ora tiro fuori una riflessione che riguarda il tempo del lavoro.

Il buon lavoratore va a casa presto, spiega Danilo Taino nel suo articolo su La lettura, perché la produttività non si misura dalla permanenza in ufficio ma dai risultati, non dalle relazioni (leggi anche patti, stratagemmi, cordate) ma dalle competenze, non passa per le "emergenze" ma dall'organizzazione del lavoro e dalla pianificazione delle attività. Dalla disponibilità di tecnologia, strutture agili, mentalità "sociale". Scrive Taino: "In Svezia, per esempio, stare in ufficio oltre l’orario prestabilito è considerato disdicevole dal punto di vista sociale: è visto come una scelta egoista di chi non ha interesse nei confronti degli altri, del mondo esterno, a cominciare dalla famiglia". Non fa una piega, e Taino riporta dati e ricerche per dare concretezza e scientificità all'articolo. Non ce n'era bisogno.

La scorsa primavera sul blog La 27Ora Elvira Serra scrive Il tempo di noi single non vale meno di quello di voi mamme e, rischiando l'impopolarità in un paese che si scioglie alla parola "bambino" ma che non provvede a sostenere praticamente chi i bambini li ha così come chi non li ha, ricorda che "La mia serata sul divano a leggere un libro è per me altrettanto vitale, rinfrancante e importante di quanto non sia per una mamma coccolare il suo bebè". Per questo le ferie, le entrate e uscite dal lavoro, i permessi, i viaggi, gli straordinari, le promozioni, gli incarichi dovrebbero essere gestiti con equità e non con commozione.

Il fatto privato: Se non si fosse capito, mi piace leggere questi articoli e dare uno stile alle mie giornate, di lavoro e di non lavoro, e anche a quelle degli altri, se posso e fin dove devo.



sabato 10 novembre 2012

Il corpo della scrittura

"La prepotente Susetta in realtà è convinta di non saper fare niente. La sua autostima molto precaria crolla di fronte alla scrittura, paralizzandola perfino quando scrive sotto dettatura... La scrittura, intesa prima di tutto come grafia, ha a che vedere con l'immagine corporea dello scrivente. I ragazzi, non solo a Chance, aborrono le loro grafie perché sono sgraziate e informi proprio come loro si percepiscono.... E' un dato incontrovertibile che quando al ragazzo ciò che ha detto o scritto in modo informe viene restituito in una forma bella e ordinata, la sua reazione è di incredula meraviglia, quasi non si capacita che da lui sia uscita una cosa così pregiata: ne esce rafforzata la sua immagine di sé, insieme con il valore della scrittura".

Chi parla, anzi chi scrive, è Carla Melazzini, maestra di strada nei quartieri periferici di Napoli e autrice del libro Insegnare al principe di Danimarca, che sto leggendo in questi giorni.

L'immagine corporea dello scrivente mi viene restituita oggi che ho appena finito di partecipare - sono andata via prima, me ne scuso ancora ma non potevo fare altrimenti - al corso di Monica Dengo Il potenziale creativo della scrittura a mano, di cui segnalo il tweet #scriviamoamano. Ebbene sì, la mia compagna di banco oggi era l'amica Luisa Carrada, e il corso si è tenuto nello studio-laboratorio dell'altra mia amica Roberta Buzzacchino, che vuoi di più?

calligrafia di Monica Dengo
Non è stato facile ricominciare a impugnare con disinvoltura matita e pennarello, seguire la linea, chiudere gli occhi e lasciarsi trasportare dal tratto, con la mano destra e con la mano sinistra, respirare e badare solo alle forme, cioè all'immagine che veniva fuori.

Nonostante il pc io continuo a scrivere spesso a mano, testi non lunghi, lettere che se sono intime allora necessitano di una carta particolare, di spessore, di penne dal tratto che dipende dallo stato d'animo e dai pensieri che esprimo, però. Però non riuscirei più a scrivere un tema senza stancarmi molto. Voglio dire, oggi che facciamo tutto in velocità e con tempi affannati, non siamo più abituati alla stanchezza fisica, così come alla soddisfazione di aver svolto un lavoro fisico e alla bellezza di trovare restituiti in un oggetto, in bella copia, comprese cancellature e correzioni, il nostro sforzo e la nostra soddisfazione.

Per questo ho messo insieme le parole di Carla Melazzini (a cui ho rubato il titolo di questo post) e quelle di Monica Dengo, a cui va il mio grazie per la semplicità con cui porge le lettere a noi che al massimo facciamo caso a qualche lettering tipografico. Proprio le lettere, la "a", la "p", la "k"...


giovedì 8 novembre 2012

Storie metropolitane

Il fatto pubblico: Una segnalazione veloce e poi ci torniamo. Per chi vive in metropolitana, osserva e quanto volte si è detto "sarebbe da registrare, da scattargli una foto, prendere un appunto".
From hear to there, titolo che trovo irresistibile nel gioco di suoni e doppio significato in inglese, condivide storie e suoni catturati soprattutto per strada e nella subway newyorkese.

E Nadia Wilson, la curatrice del sito che strizza l'occhio ai tempi delle audiocassette, si presenta così: If you live in New York, you’ll recognize me as the lady on the subway with big glasses and a microphone. If you see me, come on up and talk into it for a while. And if you don’t, I’d like to hear from you anyway!

Il fatto privato: Chiunque abbia storie di treni può mettersi in contatto con le storie di From hear to there e partecipare alla narrazione che supera lingua, confini, facce. E' divertente. Ora prendo la metropolitana, chissà cosa succede;-)


domenica 4 novembre 2012

Una pioggia di applausi

Il fatto pubblico: Si chiama Perpetuum Jazzile ed è un coro sloveno di musica jazz e popolare. In questo video si presenta con un pezzo originale e facendo ricorso ai più naturali strumenti musicali. Naturali come il nome del pezzo da ascoltare, Pioggia.

Foto A. Rapone, Francoforte ottobre 2012

Il fatto privato: Non ricordo come si chiami la piazza in cui ho scattato questa foto a Francoforte qualche settimana fa. Lì l'acqua scorreva al contrario (fontana senza architettura o tubi rotti?!) e se chiudevi gli occhi sembravano applausi, trionfo urbano di un fatto straordinario. Ho registrato il suono e riascoltandolo m'è venuta in mente la performance del Perpetuum Jazzile, per una sorta di chiasmo dei sensi.




sabato 3 novembre 2012

La comunicazione di annunci di lavoro di comunicazione

Due annunci di lavoro per sapere che aria tira nel settore comunicazione.

Scrive la Boutique delle Idee (acronimo Lbdi) sul proprio sito e su Linkedin: "Sviluppiamo progetti personalizzati, in ambito nazionale ed internazionale, realizzati con risorse interne multilingua o di provenienza estera, a garanzia di un'elevata affidabilità e professionalità".

Lbdi è un'agenzia di relazioni pubbliche che si rivolge a clienti stranieri, ha personale a cui chiede la perfetta di conoscenza di due o tre lingue, si occupa di formazione comunicazione e marketing. Bene, perché scrive in questo modo? Cioè, perché pur essendo a Milano-Italia solo se parli un'altra lingua o vieni da fuori sei affidabile e professionale?

Sempre da Milano viene la ricerca di un senior copywriter per Take, al claim "take the opportunity" e con l'opportuna spiegazione sotto:
"Credi di conoscere a fondo le figure retoriche e sai utilizzare le parole per vendere meglio un prodotto o un servizio ti piace immergerti nel fascino delle subordinate trovare il claim perfetto senza indulgere nei banali giochi di parole provi quella sottile ma appagante soddisfazione nel momento in cui formuli un pensiero degno di questo nome hai esperienza nel mondo dell'advertising e ritieni che social e digital siano solo altre corde dello stesso strumento hai voglia di entrare in un'agenzia nuova e indipendente con clienti interessanti a livello nazionale e magari sai anche mettere la punteggiatura a questo testo se sei tutto questo scrivici". Bene, a chi scrivo se non c'è l'indirizzo mail ma la richiesta di "apply now" e nessun sito web di riferimento e la company description? Qui il mezzo fa ancora il messaggio. 

E poi ce ne sono altri, però questi due mi fanno pensare. Mi fanno pensare che chi fosse interessato dovrebbe comunque inviare il proprio cv, sostenere il colloquio, aiutare a correggere il tiro e alzare l'asticella di una comunicazione chiara, completa, affidabile e professionale.

venerdì 2 novembre 2012

In silenzio a braccia conserte

Il fatto pubblico: "Sound imposes a narrative on you and it’s always someone else’s narrative. My experience of silence was like being awake inside a dream I could direct". Sul sito di Maria Popova Brain Pilings recupero una riflessione sul silenzio a opera di George Prochnik contenuta nel suo libro In Pursuit of Silence: Listening for Meaning in a World of Noise. E' nel silenzio che divento protagonista responsabile della mia narrazione e del senso che do al mondo. Di più, è la mia reazione al rumore e, ricordando il monaco buddista Ajahn Chah, "The noise isn’t bothering you. You are bothering the noise. What’s silent is my protest against the way things are".

Il fatto privato: In silenzio a braccia conserte sul banco era la punizione che ricevevamo alle elementari quando facevamo troppo chiasso, in silenzio in file per due scendevamo le scale che ci portavano in palestra dove potevamo scatenarci, in silenzio abbiamo temuto, sfidato e odiato il silenzio, lo cerchiamo tanto oggi che non siamo più piccole donne e piccoli uomini di una scuola qualsiasi che c'ha insegnato ad amarlo non come vuoto ma come scelta e riconoscimento di cose belle che accadono in silenzio.

martedì 30 ottobre 2012

#salvasuoni, fra memoria e oblio

Il fatto pubblico: "Quali sono i suoni del nostro tempo che meritano di venire tramandati ai posteri? Quale rumore salvereste dall'oblio?" E' con questa domanda e all'hashtag #salvasuoni che il domenicale La Lettura del Corriere della Sera lancia la sfida di memoria e di piacere alla ricerca dei suoni del nostro tempo da lasciare a chi verrà dopo.

Logo L'acchiappasuoni su Facebook
E i tweet non si fanno attendere: il rumore della carta, il suono della moka la domenica mattina, la campanella della scuola, il rumore del tram di Milano e il silenzio... E su rumore e silenzio interviene Aldo Grasso presentando l'iniziativa e ricordando che "il silenzio non è un’assenza, non è un vuoto, il silenzio ha una sua grammatica, una sua pienezza. Il rapporto fra rumore e silenzio ricorda molto quello fra memoria e oblio".

Il fatto privato: Su Facebook la pagina L'acchiappasuoni è aperta a ricevere i suoni a cui siamo più affezionati e che vogliamo condividere. Per non farli sparire;-)

sabato 27 ottobre 2012

Messaggio per i maschi e per le femmine vs la violenza

In questa settimana che si è aperta con la notizia dell'omicidio di Carmela Petrucci e si conclude con la notizia di una condanna, quella all'ergastolo per Salvatore Parolisi, in mezzo ci sono uomini che perseguitano e ammazzano e donne sole che si difendono e muoiono.

Messaggio per i maschi e per le femmine: l'uccisione di Carmela ci riguarda, ci invita a non farci gli affari nostri e a continuare a volere essere libere di dire i nostri sì e i nostri NO. A dire a tutti nome e cognome di colui che non riesce a essere uomo. Ci obbliga a insegnare ai nostri figli a rispettare le nostre figlie.

Come si fa? Si comincia in famiglia, si continua a scuola, si danno esempi di amore libero e la verità prima di tutto. Si insegna a pretendere rispetto, a non chinare la testa, a non girare le spalle, a non fare finta di niente. A essere responsabili prima di tutto verso se stessi.

La mamma del ragazzo che ha ucciso Carmela ha detto: «Mio figlio è un bravo ragazzo. Giornali e televisioni lo hanno definito un killer ma non è così, non è un mostro. La nostra è una famiglia perbene».




Un'altra mamma si racconta in Ritratto 03. Paola, audio documentario di Jonathan Zenti, opera vincitrice del primo premio assoluto e del premio speciale della Giuria di qualità della sezione Radio del premio Anello Debole 2010
Paola, la protagonista, è la madre di Monica, ragazza uccisa a calci e pugni dal suo compagno dopo una lunga vita di violenza domestica. 

La testimonianza raccolta è terribile, la fatica di parlare è la fatica di ascoltare un audio documentario che pesa, e non mi riferisco ai byte. Ribadisco per questo la necessità di far giocare fin da piccoli ruoli da protagonisti ai maschi e alle femmine, per farli crescere uomini e donne libere.
Per non iniziare e per non finire male.





venerdì 26 ottobre 2012

Mary aveva un agnellino. E noi i suoni che vogliamo riascoltare

Il fatto pubblico: Copio da Internazionale, "I ricercatori dei California Berkeley Lab hanno restaurato una delle più antiche registrazioni conosciute, un audio di 78 secondi impresso su una lastra di stagnola nel 1878 a St.Louis. Si tratta di una delle prime incisioni fatte con il fonografo inventato da Thomas Edison. Per ricreare il suono e preservare il reperto, i ricercatori ne hanno fatto una scansione e ricreato un modello 3D, che è stato poi utilizzato per replicare la versione originale".

"In the history of recorded sound that's still playable, this is about as far back as we can go", dice John Schneiter, l'amministratore del Museum of Innovation and Science a Schenectady, New York, dove giovedì sera la registrazione è stata suonata in pubblico per la prima volta.

L’articolo completo dell’Associated Press sul sito del Wall Street Journal.

Il fatto privato: Oggi e da tempo registrare e riprodurre per noi sono la stessa cosa: l'archiviazione senza possibilità di ascolto non avrebbe altrimenti senso, fino alle prove che portarono Edison all'invenzione del fonografo brevettato il 19 febbraio 1978 non era così. Con la celebre frase Mary had a little lamb (Mary aveva un agnellino) Edison diede l'avvio alle registrazione e alla riproduzione del suono, fondò la Edison Speaking Phonograph Company e iniziò le trasmissioni pubbliche di suoni che il pubblico, gettone alla mano, avrebbe ascoltato nei luoghi pubblici e in occasione di feste e fiere di paese.


lunedì 22 ottobre 2012

Panico da microfono. Niente panico

Il fatto pubblico: 'Chiesi agli Uomini della radio: "Che cosa devo fare di preciso?" E gli Uomini della radio risposero serafici: "Devi solo fare davanti a un microfono quello che fai ogni giorno davanti alla tastiera del computer. Ti scegli un film e ne parli per quindici minuti. Lo stronchi, lo esalti, inviti il pubblico a bruciare la pellicola: hai la massima libertà".
[...] 'E invece, quando nello studio si accese la luce rossa, e io per iniziare avrei dovuto solo dire: "Buonasera da Roberto Canali, benvenuti a Spazio Lumière, fu lì che mi prese il panico".[...]
'Mentre dicevo il Buonasera più incerto che avessi mai proferito in vita mia, un'altra voce, la mia voce interiore sussurrava: "... non è come scrivere un articolo. La radio è un'altra cosa e tu non sai come affrontarla. La scrittura è la calma riorganizzazione di un pensiero; la voce è il sismografo in diretta della tua emotività [...]

Il fatto privato: Chiusura brusca di una piccolissima parte del radiodramma che lo scrittore Nicola Lagioia due anni fa preparò in occasione dei festeggiamenti dei 60 anni di RadioTre. Panico da microfono era la storia di un temutissimo critico cinematografico alle prese con la diretta radiofonica.

E a proposito di diretta in radio ve ne propongo una che è il sismografo di un'altra emotività, la mia: è la lunga intervista/chiacchierata/presentazione che Radio Articolo 1 mi ha fatto in occasione degli speciali Premio Marco Rossi per cui lo scorso 25 settembre Parole in cuffia ha ricevuto menzione speciale.
Ringrazio Emiliano Sbaraglia per non avermi anticipato nulla, amo le sorprese, e anche la diretta;-)



Ridere al lavoro

Il fatto pubblico: Anche di questi tempi ridere sul lavoro si può, anzi si deve.
Una ricerca pilota della rivista online Tafter scopre se e come si ride nelle PMI italiane.
"Abbiamo messo a punto un questionario composto da circa trenta affermazioni alle quali è possibile esprimere il proprio grado di accordo/disaccordo con una scala Likert a cinque passi".
Il questionario è stato somministrato all'interno di sette medie imprese (con un numero di dipendenti compreso tra 130 e 250) operanti, in diversi ambiti, nel centro Italia; sono stati coinvolti circa 120 lavoratori con ruoli manageriali o comunque di responsabilità. Le sfere indagate erano quella personale, relazionale, problem solving, il clima lavorativo.
"La prima reazione da parte delle aziende è stata di notevole stupore (e un po’ di diffidenza) ma, dopo la somministrazione del questionario, si sono dimostrate molto interessate e curiose di conoscere sia i risultati sia l’influenza positiva dell’umorismo sull’individuo e sul clima lavorativo".

A cosa serve l’umorismo in ambito lavorativo: ad agevolare la comunicazione, a migliorare le relazioni interpersonali, ad alleviare le tensioni e lo stress, a ridurre la conflittualità e  favorire il pensiero creativo.

Il fatto privato: Penso che prima e più importante di raccontare una barzelletta in ufficio, fare battute che coinvolgano e smorzino eventuali toni aggressivi o polemici o situazioni di tensione sia necessario giocare d'attacco, e non in difesa. Cioè preparare un terreno comune di valori basati sull'ironia, che è una vera e propria competenza comunicativa che "mima  le false verità, le obbliga a svelarsi e ad approfondirsi, scopre gli scandali invisibili, rende conscio l'inconscio, fine di adottare le opinioni comuni per capovolgerle, svolgendo quindi una funzione quasi rivoluzionaria... Il suo scopo sarebbe quello di stabilire rapporti onesti e chiari". Ecco, le parole di Marina Mizzau tratte dal suo libro L'ironia sintetizzano e chiarificano il mio pensiero: sul lavoro si ride se si capisce perché si ride e se si vuole ridere davvero, cioè fare bene, favorire l'inclusione e portare a verità situazioni e persone.

Non ho mai creduto che dolore e fatica siano ontologicamente superiori rispetto al piacere e al divertimento nello svolgimento di un compito. Ridere e sorridere non come distrazione ma come mezzo per riacciuffare il senso di un'attività e portarla avanti sono validi alleati soprattutto nel caso di lavori lunghi e di routine.

sabato 20 ottobre 2012

Silenzio, scuola, lavoro

Chi guida ci dice che è persiano, che il suo non è un paese pericoloso, che i turisti possono visitare senza problemi la città e che anche i suoi cugini sono usciti dall'Iran per andare a trovarlo all'estero dove  vive e hanno fatto ritorno senza problemi. Ci dice che ha imparato la lingua sul posto, a contatto con i tedeschi cordiali e ospitali, che ha scelto la Germania e non l'Italia perché ci sono buone università tecniche e lui lascerà il taxi appena trova il lavoro per il quale ha studiato. Si è laureato qualche settimana fa.

Boh, a me viene in mente questo articolo letto poco prima di partire e relativo ai lavori che gli italiani non farebbero mai, ma forse è di parte, non so più di quale parte, però.

Si chiama Stop Dealing Dreams, il libro-manifesto di Seth Godin sulla scuola che spiega perché, secondo il guru (perdonate l'espressione) della comunicazione, il sistema educativo mondiale necessiterebbe di essere riformato. Il libro è stato pubblicato in formato e-book, diffuso gratis sulla piattaforma  Squidoo, accompagnato da presentazioni multimediali e ora anche in versione italiana su un sito dedicato: www.nonrubateisogni.com.
Bene, con tutto il rispetto per Godin che si chiede: "Meglio un bambino obbediente o uno creativo, perspicace, indipendente?" oppure, rivolto agli insegnanti "Cosa state facendo per alimentare i sogni del mio bambino?" ricordo che don Lorenzo Milani, Maria Montessori, Gianni Rodari non sono passati da queste parti a caso, che loro però parlavano italiano, che le scuole Montessori sono cresciute più all'estero che altrove: negli Stati Uniti sono oltre cinquemila, 1.640 la Germania, 800 nel Regno Unito, 220 in Olanda e in Danimarca, 163 in Svezia, 150 in Giappone, poche (52) quelle della Francia. Dati tratti dall'articolo di Tullio De Mauro Le fortune di Maria Montessori.

Il collega giovane mi ricorda che bisogna investire in formazione, che lui "vuole" essere formato, che ha tanto da dare e da ricevere, che ci crede davvero. E io mi trovo a dire "Non rubate i sogni".

Un lutto in famiglia ti porta in una chiesa nel verde ad ascoltare il silenzio interrotto dal giovane sacerdote che ricorda tanto un comico romano, così tanto che qualcuno fa un sorriso, anche un altro e un altro ride di più mentre piange. Ecco, fossi stata in una chiesa del Sussex tutto questo sarebbe finito dentro un cd, ma lì il titolo è The sound of silence:-)




lunedì 15 ottobre 2012

Passeggiata sonora a Roma

Il fatto pubblico: Il prossimo sabato nel quartiere di san Lorenzo, a Roma, se vedete nel pomeriggio delle persone passeggiare con registratori digitali in mano non abbiate paura e avvicinatevi pure. Sono i partecipanti della "passeggiata sonora", sound-walk, organizzata dall'associazione AIPS in collaborazione con Sguardo Contemporaneo nell'ambito del Main OFF 2012, nono congresso di arti e musiche elettroniche indipendenti. La mattina Francesco Giannico e Alessio Ballerini tengono un corso teorico sui concetti di ecologia acustica e paesaggio sonoro, il pomeriggio si passa alla registrazione, la sera alla la messa in scena del materiale sonoro raccolto.

Le iscrizioni, a dire il vero, sono chiuse da qualche giorno. Se interessati mandate comunque una mail qui: info@archivioitalianopaesaggisonori.it... non si sa mai;-)

Il fatto privato: In un precedente post parlavo della mappa sonora di Bologna, anche a Roma dunque si sta registrando la città quartiere per quartiere. Si era iniziato col Pigneto, ora è la volta di San Lorenzo.
... Sul "paesaggio sonoro" non dico di più, rimando al sito dell'AISP che metto per esteso: www.archivioitalianopaesaggisonori.it... poi lo approfondiamo.




martedì 9 ottobre 2012

Serendipity a Ferrara

Anche se oggi è martedì e dunque non è il giorno previsto dal format editoriale di Parole in cuffia blog, che vuole sia il sabato la giornata ariosa col resoconto della settimana appena trascorsa e il resto dei giorni presentati secondo un fatto pubblico e uno privato che m'hanno colpito e che ripropongo, io supero il format che mi sono inventata e vi racconto com'è andata a Ferrara, al festival di Internazionale cui ho partecipato.

In testa m'ero segnata l'appuntamento con Anna Maria Testa e Tullio De Mauro A scuola di futuro, sabato 6 ottobre alle 15.00: nonostante il guasto al treno, c'ero e ho preso appunti. De Mauro non si batte, soprattutto nella difesa di una scuola che non esclude ma include i bambini di famiglie straniere, quelli che non nascono bravi, quelli che possono fare lezione ai genitori e ritirare su le sorti dell'Italia. "Le scuole più efficienti sono quelle che hanno il massimo di inclusione". Viene voglia, a sentirlo parlare, di fare il maestro elementare.

Poi, uno dopo l'altro, ho saltato tutti gli altri appuntamenti che avevo messo in agenda, perfino l'incontro Fermate le rotative! col giornalista David Carr a proposito della crisi della stampa e il futuro dei giornali. Carr l'ho incontrato a pranzo il giorno dopo, una domanda per essere sicura di aver perso un incontro interessante e poi un buon lavoro reciproco.

La mia personale agenda setting è venuta meno perché a Ferrara mi sono dedicata all'ascolto. Quello degli audio documentari proposti nella rassegna Mondoascolti, che quest'anno ha affiancato la già nota 'Mondovisioni' e ha presentato tre audio documentari interessanti e completamente diversi uno dall'altro: Kidnap radio, di Annie Correal (Usa 2009), My father takes a vacation, di Martin Johnsson (Svezia 2008), Non te la prendere se non ce l'hai fatta, di Roman Herzog (produzione 2011). La rassegna è stata curata dall'audio documentarista Jonathan Zenti, che conosco e apprezzo, e che nella mattina dei tre giorni dell'evento ha anche tenuto il laboratorio Registra! Il nemico ci ascolta, dedicato alla presentazione delle teorie e delle tecniche del mestiere di audio documentarista.

A Ferrara ho ascoltato le storie di chi vuole diventare grande scrivendo, registrando, comunque tenendo aperti i canali di comunicazione col mondo. Come socia dell'associazione Audiodoc ho dato una mano nelle pubbliche relazioni per le sessioni d'ascolto proposte e ho stretto parecchie mani.
Continuo a essere convinta che questo sia il tempo dell'ascolto, che ha bisogno di concentrazione, pausa, silenzio. E di persone che ci mettano la faccia:-)

giovedì 4 ottobre 2012

Le orecchie del mondo sono a Ferrara

Il fatto pubblico: Giunto alla sua sesta edizione, il festival Internazionale a Ferrara, evento che riunisce il meglio della produzione giornalistica internazionale e da oggi in corso, inaugura uno spazio dedicato all'audio documentario, curato da Jonathan Zenti per Audiodoc.
Alla rassegna di video documentari “Mondovisioni” quest'anno si affianca infatti lo spazio sonoro Mondoascolti, la prima rassegna in Italia delle più interessanti produzioni audio documentarie internazionali

Oltre alla rassegna, l'audio documentario troverà uno spazio di approfondimento teorico-metodologico nel workshop Registra! Il nemico ci ascolta, condotto da Jonathan Zenti. Durante il workshop i partecipanti impareranno a scrivere, registrare e produrre un audio documentario, grazie a un percorso formativo che mostrerà le varie vie praticabili, le diverse possibilità e il relativo potenziale a disposizione di chi vuole iniziare a raccontare la realtà puntando dritto alle orecchie del mondo. Il workshop è composto da tre incontri da 3 ore l'uno (il 5/6 ottobre dalle 10 alle 13, il 7 ottobre dalle 9 alle 12 e "registra" già il tutto esaurito.

Il fatto privato: Parto domani mattina per andare a Ferrara. Sono contenta e agitata. Oltre agli ascolti a cui tengo, domenica spero di trovare posto per assistere all'incontro col columnist del New York Times David Carr, per chiudere in bellezza su futuro dei media.




domenica 30 settembre 2012

Indagine sul radio documentario in Europa, i risultati

Il fatto pubblico: Qual è la situazione del radio documentario in Europa? Chi lo fa e chi lo trasmette? Quale formazione ha un autore di documentario in radio e quanto guadagna? E’ un dipendente o un freelance? Per rispondere a queste e molte altre domande l'associazione di audio documentaristi Audiodoc ha realizzato un’indagine conoscitiva sulla situazione dell’audio documentario nelle radio pubbliche in Europa.

Nel corso del 2011 è stato elaborato un questionario poi inviato a 63 redattori radiofonici di 32 diversi paesi europei. Il questionario è strutturato attorno a tre temi principali: le caratteristiche del documentario trasmesso, il modello produttivo adottato, la formazione professionale dell’autore.
Il rapporto finale si può leggere e scaricare nella pagina dedicata del sito Audiodoc Indagine sul radio documentario in Europa.

In sintesi dalla ricerca emerge che l’audio documentario è una realtà tutt'altro che omogenea in Europa. Per esempio Germania e Gran Bretagna producono da sole il 41% di tutti i documentari trasmessi in Europa in un anno. L'Italia investe e produce pochissimo. I costi di produzione in Finlandia, Francia, Germania, Gran Bretagna, Norvegia, Paesi Bassi e Svizzera sono compresi tra i 100,00 e gli oltre 300,00 euro al minuto mentre in Austria, Bulgaria, Danimarca, Irlanda, Kosovo, Polonia, Romania, Spagna e Ungheria un documentario costa tra i 12,00 e i 67,00 euro a minuto.
Seguono lo stesso andamento le retribuzioni all’autore: gli estremi sono rappresentati da un lato da Gran Bretagna, Norvegia e Paesi Bassi, dove il compenso previsto è superiore a 90,00 euro al minuto, e dall’altro da Italia, Polonia e Ungheria, dove gli autori guadagnano in media 10,00 euro al minuto.
I documentaristi interni alle radio realizzano in media ciascuno circa 24 documentari in un anno. I freelance non ne realizzano che poco più di due, il che fa supporre che pochi di loro vivano producendo esclusivamente documentari.

Il fatto privato: Se qualcuno ha qualcosa da dire si faccia avanti, prenda il microfono e racconti la propria storia di autore freelance, di ricercatore di suoni, di dipendente della radio pubblica, di semplice ascoltatore orfano di storie sonore.

Per rilanciare il radio documentario in Italia, l'associazione Audiodoc propone un forte investimento pubblico nella formazione degli autori, finanziamenti per nuove produzioni attraverso bandi pubblici e, come avviene in Belgio e in altri paesi, con il contributo della Società Italiana degli Autori ed Editori (Siae). Audiodoc si rivolge anche alla radio pubblica italiana, chiedendo che assicuri maggiori spazi nel suo palinsesto dedicati all’ascolto del documentario.

sabato 29 settembre 2012

Scatti di lavoro, matite al lavoro

Far diventare il lavoro soggetto narrativo forte. Era da questa intenzione che nel 2003 avevo dato vita al progetto web Raccontolavoro e negli anni successivi alla storia di Parole in cuffia versione audio dramma. E' per lo stesso motivo che continuo a scrivere su questo blog che ascolta e registra quello che succede in ogni ambito dell'agire umano, con un'attenzione particolare al lavoro dell'uomo e della donna.

Non sono mai partita da una tesi e non ho mai escluso vicende che potessero essere ricondotte al lavoro ma che sempre e fondamentalmente avevano a che fare con i dubbi, le trepidazioni, le gioie di persone.

Mi fa piacere continuare a scoprire che varie forme espressive e altri ambiti oltre la letteratura mettono al centro dei loro lavori proprio il lavoro. E se accade con l'Italia industriale di cui abbiamo perso le tracce ancora meglio.

Accade con il graphic novel, come Adriano Olivetti di Marco Peroni e Riccardo Cecchetti, edito da Becco Giallo, la casa editrice specializzata nel documentare la realtà attraverso la matita e la penna di bravi disegnatori e autori. Accade nel romanzo a fumetti Enrico Mattei di Francesco Niccolini e Simone Cortesi, sempre di Becco Giallo.

E poi accade nella fotografia. All'XI edizione di Fotografia festival internazionale di Roma, dal 21 settembre al 28 ottobre, il soggetto delle foto esposte al Macro di Testaccio e al Macro di via Nizza è ancora il lavoro.

E con la radio.

... l'avevo detto, sabato scorso, che settembre è il mese delle matite, quelle che disegnano progetti.

mercoledì 26 settembre 2012

Premio Marco Rossi, i vincitori

Il fatto pubblico: Ieri a Roma si è svolta la serata conclusiva del Premio Marco Rossi indetto da Radio Articolo 1 con la collaborazione di Audiodoc e con il patrocinio della Federazione Nazionale Stampa italiana (FNSI). Il premio è destinato a "programmi, servizi e documentari radiofonici dedicati al tema del lavoro, ai suoi molteplici significati, e in tutte le sue possibili declinazioni".


La giuria del Premio, presieduta da Marino Sinibaldi direttore di Rai Radio3, si è così espressa:

- per la categoria A (Servizi d’informazione) la vincitrice è Benedetta Aledda con Spalatore di neve offresi.
- per la categoria B (Approfondimenti) si è aggiudicata il premio Cinzia Franceschini con Terra.
- per la categoria C (Documentari, inchieste, reportage) il premio è stato assegnato a Marcello Anselmo con Gente di mare.

Menzione speciale a Parole in cuffia di Alessia Rapone, Bye Bye Italy di Magica Fossati e Marina Freri e a Al lavoro di Agnese Franceschini.

Il fatto privato: Sono contenta e ieri sera ero emozionata... Così tanto emozionata che ho cancellato la registrazione delle premiazioni. (Che mi venga fatta una nota di demerito).

sabato 22 settembre 2012

Settembre, il mese delle matite, dei diari, dei libri

Mi sono trovata a dire, questa settimana, che settembre è il mese della cancelleria, cioè della versione adulta della cartoleria e quindi del corredo alla scuola che è ricominciata. E' il mese delle matite e delle penne che scrivono appunti, che sono la versione da grande dei compiti dei piccoli, e lasciamo stare che piccoli e grandi usano whatsapp per lasciarsi messaggi e organizzarsi la giornata. E' il mese dei diari, che iniziano adesso e tirano fino all'anno prossimo dicembre incluso imitando le agende dei grandi che però iniziano a gennaio, quando ormai fa freddo e molto s'è già deciso.

A settembre il tempo aiuta a sentire sulla pelle la frenesia del fare e ancora l'ozio del mare, a immaginare cose, situazioni, persone sempre un po' diverse da come le conosciamo già. A settembre ci sentiamo nuovi, io almeno mi sento così, come se fosse sempre il primo giorno di scuola, agitata e felice insieme.

E poi a settembre non si contano le fiere e le feste dedicate al libro, alla lettura, al pensiero, come il Festival della Mente a Sarzana, come Pordenonelegge, come il Festivaletteratura di Mantova.
Per questo motivo riporto qui sotto tre citazioni di tre libri che mi sono finiti in mano non per caso, ma sul treno.

Il primo è Caos Calmo di Sandro Veronesi, letto appena uscito, ripreso per riflettere insieme a un'amica sulla frase in quarta di copertina: "La gente pensa a noi infinitamente meno di quanto crediamo". Lei sembrava dispiaciuta, io mi sento sollevata dalla responsabilità di occupare una parte del cervello di altri:-)

La seconda frase è tratta da Mare al mattino di Margaret Mazzantini: "Devi trovare un luogo dentro di te, intorno a te. Un luogo che ti corrisponda, che ti somigli, almeno in parte". La Mazzantini, a proposito di responsabilità, se ne assume una enorme, quella di portare le persone alla loro realizzazione.

La terza è tratta dal Diario di Etty Hillesum, la ragazza che voleva essere "il cuore pensante di questa baracca". E' questa la citazione, a noi scoprire quante baracche abitiamo e arrivare alla fine del libro.



martedì 18 settembre 2012

Che faccia ha il disoccupato

Il fatto pubblico: Be', non si può dire che il lavoro non sia diventato soggetto narrativo forte. La narrazione ultimamente passa per campagne di comunicazione, spot video, blog sui precari che si fanno sentire. Oggi anche per l'iniziativa lanciata da United Colors of Benetton per i giovani di tutto il mondo, sotto i trentanni, disoccupati, con un progetto da portare avanti. Che faccia hanno e cosa vogliono? Il video L'indipendente dell'anno lo mostra bene.

Il fatto privato: Dignità, rispetto... Non c'è l'ho fatta a scrivere il "disoccupato dell'anno", perché cercare un lavoro è già un lavoro, perché chi sta a metà strada fra formazione e lavoro (i cosiddetti "Neet", Not in Education, Employment or Training) non è per forza un nullafacente, perché conosco tante facce simili o diverse da quelle del video della Fondazione Benetton.

sabato 15 settembre 2012

La giornata delle forze armate (!)

In questa settimana sono stata felice. Può succedere, no? E non mi hanno turbato più di tanto le beghe d'ufficio e una risposta che la collega con cui in passato ho lavorato più spesso m'ha dato, seria e convinta: "Tu mi dici che bisogna fare questa cosa... io ti dico che ne sto facendo altre... io questa cosa non la posso fare... tu dici che ha la priorità, ma io non lo so, a me non l'hanno detto... tu coordini il progetto e mi dici questo ma io ho un altro capo.... io rispetto le gerarchie".

Ecco, a parte qualsiasi riflessione su organizzazione e tempi e incarichi e divisione del lavoro, la parte più interessante per capire una mentalità e quindi un atteggiamento e un comportamento è "io rispetto le gerarchie". Ripetuto il giorno prima e il giorno dopo, quindi introiettato nel tempo.

E anche su questo non voglio aprire, come non ho aperto sul lavoro, un dibattito. Ho dato solo un'occhiata veloce al calendario e mi sono accorta che no, non è ancora il 4 novembre, giornata dell'unità nazionale e delle forze armate. Lo scrivo in minuscolo apposta per rispetto del ricordo e perché fa parte della storia d'Italia, questa la scrivo alta. Non c'è bisogno di scomodare la guerra, l'esercito e tutto il gergo militare che nelle aziende ancora va tanto per chiudere un lavoro urgente, assicurare la propria parte e poi, con calma e spirito di corpo (!) andare dai responsabili e trovare insieme il modo per organizzarci meglio. Non sarebbe più facile e più veloce?

Perché la necessità di affermare "io rispetto le gerarchie", iniziando dall'affermazione di sé e rivolgendosi ai "capi" come fossero "sacerdoti"? Governo dei sacerdoti, significa gerarchia.
Hieros in greco significa sacro. Sacro è il pane quotidiano che ci guadagniamo col nostro lavoro, chi ce l'ha. Io direi solo grazie.

Grazie alla collega con cui continua il dialogo intenso e il lavoro da finire, io resto felice:-) e stamattina mi sono letta di gusto un altro botta e risposta aziendale, quello di Marco Stancati su Techeconomy.


giovedì 13 settembre 2012

Who makes a better laser-gun sound effect?

Il fatto pubblico: La macchina da corsa, il robot, la spada laser, una sirena... Chi fa i migliori effetti sonori, i maschi o le femmine? Il video Bleep Blap Bloop di Marcella Coad e Paul Constantakis, ce li mostra alle prese con la riproduzione dei suoni più comuni e anche di quelli più strani, realizzati tutti usando la bocca.

Per essere un vero tributo all'audio, però, consiglio di far partire il video e poi chiudere gli occhi, indovinando il suono della cosa riprodotta senza sapere cosa sia: si perde il gioco maschi vs femmine, si vince una prova d'ascolto, quella del nostro orecchio che riconoscerà l'elicottero in volo o lo confonderà con i colpi di una mitragliatrice... Proviamo!

Il fatto privato: Mi piace scherzare sul confronto uomini e donne, perché tanto siamo tutti sulla stessa barca e se perde uno perdono tutti e se vincono tutti vale lo stesso.

Quando non scherzo leggo e condivido articoli come Donna e femminismo sono due cose distinte, sul blog la27Ora del Corriere della Sera. Molto interessante;-)





martedì 11 settembre 2012

11 settembre, l'aiuto che viene dal mare

Il fatto pubblicoAll Available Boats: Harbor Voices from 9/11 è una serie di interviste ai membri della comunità di portuali di New York realizzate dall'audio documentarista David Tarnow su richiesta del South Street Seaport Museum per il proprio archivio permanente e per una mostra interattiva. Le interviste documentano il lavoro della guardia costiera nell'evacuazione di Lower Manhattan, dove sorgevano le Torri Gemelle del World Trade Center e dove oggi Ground Zero accoglie la memoria.

Le interviste alla gente di mare e al suo lavoro stra-ordinario sono qui, in quella miniera di informazioni e riflessioni su progetti audio che è la comunità di Transom.org.

Il fatto privato: E poi c'è chi salva persone finite proprio in mare, non per attacchi terroristici diretti ma per fuggire da situazioni di guerra e povertà. Un gruppo di immigrati nordafricani a bordo di un gommone in balia delle onde è stato salvato dalla Guardia di Finanza nel Canale di Sicilia: ad allertare i soccorsi è stata una telefonata giunta alla Guardia Costiera.


sabato 8 settembre 2012

La tenerezza dei social media

E' da un po' di tempo che frequento Facebook, all'inizio pochissimo e da spettatrice degli altrui pensieri, parole, opere e... poche omissioni, sono sicura. Poi ho preso anche io il gusto di una battuta, della sintesi di uno stato d'animo, di far comparire una foto a futuro ricordo e di lanciare perfino iniziative online. Lo uso anche come agenda per news e appuntamenti su argomenti che mi interessano: editoria, audio, lavoro.

Nel frattempo la cerchia degli amici è aumentata e dentro ci sono finiti anche amici più lontani, persone incontrate in occasioni particolare sempre belle e sempre comunque "dal vivo", la maggior parte conosciute per un tempo sufficiente a farmi dire "lei sì e lui pure":-)

Ora ho una mappa mentale delle loro abitudini in bacheca: so che S. lei e S. lui postano soprattutto musica e i loro gusti incontrano i miei, so che all'amica P. capitano spesso vicende esilaranti e che con M. non ci vediamo da troppo tempo e dobbiamo recuperare. Evito post e commenti di A. che scrive solo di calcio e di tango (!) e cerco sempre i commenti che lasciano C. e S. quando parlano di lavoro, giovani e precariato. E poi ci sono le foto di famiglia di M., di F.M... e i bambini di M. che non ce li ha ma tutti i bambini del mondo sono i suoi. E poi ci sono le invettive di R., moderne fustigatore, e le pillole in latino di S., i fraintendimenti con A. e le frasi criptiche di alcuni colleghi di lavoro che vorrebbero dire ma non possono. E le foto dei viaggi straordinari di L. in giro per il mondo.

Tutto questo io lo chiamo tenerezza. Mi fa piacere e mi consola osservare i punti cardinali attorno a cui ruota la presenza online delle persone che conosco e anche la loro vita fuori rete e fuori Facebook. Perché A. è davvero presa dal calcio e dal tango, Simone davvero parla in latino e Raffaele ti costringe a chiederti sempre da che parte stai. Sergio e Stefania ti fanno scoprire nuova musica e le gaffe di Paola riescono a superare anche le mie, e non è facile. 

Siamo teneri, ognuno di noi lo è mentre traffica con la rappresentazione sociale di sé, quando lascia una traccia in modo assolutamente consapevole, appena gli viene in mente di mettere un link, quello che permette ai suoi amici di riconoscerlo e a lui pure.

  

mercoledì 5 settembre 2012

4'33''

Il fatto pubblico: Oggi il musicista John Cage avrebbe compiuto 100 anni (5 settembre 1912 - 12 agosto 1992). Forse li avrebbe festeggiati di nuovo in silenzio, come quella volta davanti al pianoforte ad ascoltare l'ambiente attorno a sé: qualche persona avrà soffiato spazientita, altre si saranno sussurrate all'orecchio "questo è pazzo" oppure "qui è una perdita di tempo, ridatemi i soldi del biglietto", altre saranno rimaste indecise se restare o andare via per tutto il tempo dell'esecuzione dell'opera 4'33'': quattro minuti e trentatrè secondi in cui il pianista resta in pausa davanti al pianoforte dall'inizio alla fine del pezzo.

Spiazzante, provocatorio, invitante. Lo spettatore partecipa all'opera nella sua realizzazione, ogni volta diversa e il silenzio in realtà parla. Non si tratta qui di musica d'ambiente ma di una musica dell'ambiente.

Il fatto privato: Il gioco di John Cage mi ricorda quelli del designer e grafico editoriale Bruno Munari, entrambi non hanno avuto paura di sperimentare e di divertirsi;-)


martedì 4 settembre 2012

Le scelte del Veneto, la musica dei Sigur Ròs

Il fatto pubblico: "La vocazione imprenditoriale dei veneti è in crisi? Il numero di giovani che scelgono il lavoro autonomo è effettivamente in calo, e un posto statale, anche precario, è molto più apprezzato rispetto al passato. Colpa della crisi, ma non solo. Pesano anche tasse alte, stigma nei confronti di chi fallisce, lentezze burocratiche. E i genitori. Che nelle aziende non mollano mai il testimone. Eppure il fuoco non si è spento..."

Riporto quasi per intero l'abstract dell'articolo di Paolo Stefanini che su Linkiesta si interroga sullo storico ruolo imprenditoriale giocato dal Nordest e dal Veneto in particolare. L'articolo è interessante e merita di essere letto per intero.

Io faccio solo un'aggiunta, cambiando il nome e la storia dell'impresa veneta portata come esempio di spinta imprenditoriale di giovani innovatori e nel virgolettato lasciato volutamente in sospeso scrivo Reverse. Si tratta di un'impresa-laboratorio che recupera scarti di produzioni e ne fa manufatti originali e non seriali a metà tra l’artigianato e l’arte, puntando sulla proficua collaborazione col territorio e sull'intenzione di vivere in un mondo più piccolo, più semplice, più consapevole. Alcuni esempi sono qui.



Foto mia, Verona, settembre 2012

Il fatto privato: A Verona per il concerto dei Sigur Ròs di domenica scorsa, conosco ragazzi che lavorano sodo per realizzare i progetti che hanno in mente e che fanno rete, nel senso più autentico della parola, che non passa per forza e non solo su internet. Legati al loro territorio che vivono come scelta e non per caso e come obbligo. Bravi, esco dal concerto e dal fine settimana veronese rinfrancata nello spirito.

Reverse l'ho scoperta davanti a una pizza, parlando con un'amica di un mio amico, lei è uno tra i fondatori. Fuori pioveva, i Sigur Ros in concerto il giorno dopo avrebbero proposto anche la canzone Hoppipolla, in islandese "Saltando nelle pozzanghere".


lunedì 27 agosto 2012

Che non tutto vada perduto!

Il fatto pubblico: Ci hanno chiamato "bamboccioni" e ora è la volta di "generazione perduta", quella dei quasi 10 milioni di italiani tra i 30 e i 40 anni per cui non c'è niente da fare: al mercato non portano consumo, alla finanza non accedono, allo stato pagano le tasse, al lavoro ci vanno occasionalmente.
Se così stanno le cose, sarebbe più corretto e più drammatico definirci "generazione ignorata": maturità professionale e anagrafica raggiunta, formazione superiore ricevuta e perfino insegnata, risorse interiori che vagano da un ambito lavorativo a un altro, annacquate anche se nate vino e alla fine disperse senza che nessuno ne senta la mancanza.

Foto mia, Roma - Eur, anno 2011
Che fare, posto che è già tardi? In questi mesi girano due spunti di riflessione: quello più recente è il Manifesto della generazione perduta e poi l'articolo di Nuovo e Utile dedicato alla motivazione. In sintesi, e mettendo insieme le due fonti di ispirazione, per evitare il collasso di persone e strutture e l'avanzata della mediocrità lasciamo finalmente alla "generazione perduta" e a quelle che vengono dopo la motivazione intrinseca a fare bene il proprio lavoro, con riconoscimenti sociali per i bravi e sanzioni sociali per i fannulloni, la libertà di espressione, il giusto compenso.

Il fatto privato: Ecco, più o meno avrei voluto dire questo nella puntata dedicata al lavoro della trasmissione Nel cuore dei giorni di TV2000, a cui ho partecipato lo scorso 24 agosto. Non penso di essere riuscita, vuoi per i tempi stretti, vuoi per la prima volta di diretta in tv, vuoi perché convinta di parlare del mio lavoro Parole in cuffia piuttosto che del mio lavoro punto. Vuoi perché ascoltando le storie difficili e disperate che arrivavano al telefono mi sono sentita investita di una responsabilità a cui non so corrispondere, se non raccontando come posso frammenti di vita raccolti per strada e a cui bisogna ridare "coerenza narrativa", come se stessimo scrivendo insieme un romanzo collettivo.

... prox volta, se ci sarà ancora un'occasione, darò maggior forza ai miei pensieri e più motivi di speranza ad altre persone... e magari sorriderò un po' di più;-)