lunedì 30 giugno 2014

Andare a capo

Quando impagini di solito stai attento alle famigerate "vedove", la riga iniziale di un periodo che però si trova alla fine della pagina e continua in quella successiva. Stai anche attento alle righe "orfane", in realtà, quelle che chiudono un periodo iniziato nella pagina precedente e che ti ritrovi tutte sole all'inizio della pagina successiva, magari formate da poche parole, a volte solo una. Sola.

Ecco che è rovinato l'impatto visivo della pagina e anche quel filo del discorso si spezza, per di più in modo ridicolo.

Poi capita anche che si vada a capo e per andare a capo, pratica comunque sconsigliata, altre parole si formino senza l'intenzione dell'autore: sono parti piccole di parole più grandi e più lunghe, da sole hanno un senso ma non è mai quello del discorso in cui sono infilate. L'impaginatore allora deve stare molto attento e l'editor o il correttore di bozze che l'accompagna anche di più.

Andare a capo è un rischio e una scoperta, sempre una necessità per trovare nuovo spazio e muoversi più facilmente su una nuova riga. Come dire, non si può uscire dal testo, si rientra ma da un'altra parte. E' un ricominciare che dà respiro e aiuta il lettore nella lettura e nella comprensione. E' sempre una faccenda di equilibrio. Ma per andare a capo bisogna saperlo fare, occhio, e orecchio, a quello che ci si porta dietro e a quello che si lascia.





giovedì 19 giugno 2014

D come Death

Morte, vita.
Cadavere, persona.

Queste quattro parole le puoi leggere una in contraddizione dell'altra, una come andata e l'altra come ritorno, le puoi incrociare... il risultato sarà sempre lo stesso: ci stai facendo i conti.

Parlare e far parlare della morte non è facile, nella nostra cultura il tabù rimane, pure se crediamo nella resurrezione, ci avete fatto caso? Ci crediamo ma non bisogna parlarne, dà fastidio e porta pure male. Siamo leggermente ridicoli.

All'età di otto anni ho partecipato al primo funerale, quello di mio nonno paterno, e ho giurato a me stessa che mai avrei partecipato ad altri dolori se non avessi trovato anche il modo e la maniera di fare qualcosa con la morte, ché altrimenti sarebbe stata solo una pausa dai giorni di scuola.
Nel tempo ho scoperto di trovarmi a mio agio con i riti del Sud Italia, dell'Irlanda e del Sud del mondo, che col morto si parla e coi vivi si ricorda e si mangia insieme. Insomma, si celebra, non solo il sacerdote sull'altare.

Insomma, tutti i giorni usiamo tante parole, perché non anche per chi ci è stato e ci sarà sempre caro? Si piange per il dolore, ci si allontana e ci si avvicina. Se ci si perde sono guai.

Ed Prosser, un giovane producer radiofonico, ha fatto un audio documentario sulla morte. E ha scoperto che va a braccetto con la vita e che si tratta sempre di persone, quindi di noi.

Il titolo è D-Word. D come Death.




sabato 7 giugno 2014

La realtà dei trasporti romani, il solito tram tram

Apprendo con piacere che al Gay Pride di Roma sono in 200mila. Con meno piacere vengo a sapere che i tram per la Prenestina non passano da più di un’ora per lo stesso motivo. La manifestazione, di qualsiasi colore o di tutti i colori insieme essa sia, blocca la città tutta, si sa. Colpa mia che non ho ricordato e che ho fatto il biglietto Trenitalia da Milano a Roma per oggi alle 15.00 con arrivo alle 17.55. Colpa anche di Trenitalia che il treno sia arrivato con soli 5 minuti di ritardo.

A Milano sono andata per parlare di audio documentari, del Premio AudioDoc dedicato al racconto del reale, di suoni e di realtà insomma. Alla diretta della trasmissione ‘Real Doc’ su Radio Popolare avrei dovuto ricordare anche da dove vengo, cioè da una città che amo ma che ultimamente non si AMA, vista la spazzatura non ritirata a bordo strada, e che non si ATAC, se solo si potesse dire, anzi si attacca al tram, se solo i tram passassero, e gli autobus pure.

Otto chilometri per arrivare dalla stazione Termini a casa mia sulla Prenestina-villa Gordiani col percorso alternativo metro B e cambio bus 544 o 542 alla fermata Monti Tiburtini. Anche qui un’attesa di mezz’ora prima di riuscire a salire su un autobus utile e diventare ancora più magra e più incazzata di prima (ho scritto una parolaccia su questo blog per la prima volta, non me ne posso scusare, scusate): viaggio di lavoro e di piacere rovinato in pochi minuti. Anzi no, i minuti nel frattempo si sono trasformati in ore: sono le otto di sera, devo ancora farmi una doccia rilassante, per rilassarmi sto scrivendo questa lettera che contiene anche una proposta operativa.

Chiedo all’amministratore delegato di Atac S.pA. Danilo Broggi di collaborare con me o con audio documentaristi più bravi ed esperti di me a un nuovo audio documentario sui trasporti romani e su nuovi racconti di vita, e non di morte, attorno, dentro sopra e sotto i mezzi di trasporto dell’azienda che lui guida.

L’audio documentario è una raccolta di documenti sonori di vario tipo e quello che ho in mente non vuole fotografare la realtà - la foto all’autobus 542 arrivato alla fermata Monti Tiburtini dopo mezz’ora di attesa già l’ho scattata – ma contribuire a migliorarla rendendo tutti più responsabili verso se stessi e la collettività, consapevoli del servizio pubblico che svolgono e che non deve mai essere dato per scontato, così come il biglietto.

Intanto, noi cittadini di Roma seguiremo con sempre maggiore tenacia e passione quello che Atac sta facendo per lo "sviluppo di un modello urbano funzionale e sostenibile".

Buona serata


lunedì 2 giugno 2014

Autori della realtà

Con disinvoltura siamo passati da una storia ambientata a Roma fra urtisti e peromanti - sapete chi sono? Io l'ho scoperto soltanto martedì scorso - al Nord Est dove un nuovo modello di sviluppo è necessario e dovrà essere diverso dal precedente che ha provocato macerie, alla storia del telefono, poi dentro il centro di identificazione ed espulsione (CIE) di Ponte Galeria a Roma, all'interno di un condominio, anzi Condominium, in Ucraina terra di confine, fra alcune testimonianze fatte di eroina.

Sette audio documentari in ascolto al Nuovo Cinema Aquila di Roma, pomeriggi sprofondati in comode poltrone, parole e suoni che ti fanno venire in mente altre parole e altri suoni, persone e situazioni, ognuno pensi per sé, si asciughi una lacrimuccia, abbracci chi vuole e decida chi essere da grande.

Alla prima edizione del Premio AudioDoc a cui ho partecipato anche io con Condominium. Come ti rompo le scatole, il suono messo a punto per l'ascolto in dolby surround ci ha raccolti anche se eravamo dispersi, non pochi ma non tanti, ancora distanti le persone dalla spinta a osare di usare solo le orecchie, scappare dal posto di lavoro anzitempo, forse, raggiungere le "proiezioni sonore" e scoprire altre realtà, per pochi minuti o qualche ora insieme agli sconosciuti. No, non è pericoloso.

Ha vinto A questo punto. Viaggio in un possibile NORD EST prossimo venturo di Jonathan Zenti, autore della realtà. Complimenti.