giovedì 3 maggio 2012

I podcast e la rete

Il fatto pubblico: Secondo il blogger Tim Pritlove in rete scoppiano tumulti (leggi parolacce, persecuzioni, rivolte personali e di gruppo) perché non ci si capisce. E non ci si capisce perché i blog e i siti sono tutti fatti da parole, parole scritte. Ironia, sottintesi e allusioni sono più difficili da capire se scritti anziché ascoltati. Da qui la soluzione, cioè i podcast. Finora bistrattati dalla rete che subisce la dittatura dei motori di ricerca che ancora non permettono di indicizzare i contenuti audio, i podcast si presterebbero invece a molteplici scopi per diverse categorie di utenti. Basta dare un'occhiata alla piattaforma iTunes per scoprirlo e farsi venire anche delle idee.

Il fatto privato: Ho tradotto e riassunto in poche righe l'articolo Das Netz muss sprechen lernen, cioè La rete deve imparare a parlare, che ho letto oggi sul sito del settimanale die Zeit. Il tema mi piace e ancora più la riflessione di un lettore a commento del pezzo: la lunghezza del podcast non spaventa, resta sempre necessaria l'interazione delle diverse fonti a cui attingere per essere informati. E, aggiungo io, divertiti, stupiti, in vario modo intrattenuti, perché no?, anche spinti a produrre da soli altri podcast da condividere.

Certo, in Italia andiamo lenti: 1,1% di consumo radio via mp3/podcast emerge dalla ricerca Radiomonitor di cui avevo parlato nel post La radio in una mappa, la nostra abitudine all'ascolto resta scandalosamente bassa. Eppure l'articolo tedesco mi spinge in questa direzione.
Che l'abbia tradotto male:-)?

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