sabato 11 febbraio 2012

Mi piace la neve bianca, il foglio bianco...

A me la neve piace. Quella bianca, prima che diventi sale, incidente, fine.
Quella che segna l’inizio di un altro tempo, senza arbitro se anche i vigili non vanno più in giro e i mezzi di trasporto corrono al riparo.
La neve senza paura, senza litigio, la neve senza alibi che il tempo lo fa ritrovare.
Mi piace scrivere con la neve che cade, dopo che l’ho presa per mano, gustata come ho potuto.

Mi piace la neve bianca, il foglio bianco, lo schermo bianco che aspetta i miei passi. Incerti, senza imbrogli, leggeri per non scivolare e non dover cancellare. Guardare dove si è arrivati e rifare la strada, scattare qualche foto. Portare con sé risate, sguardi e discorsi degli incontri: la riunione al lavoro, i ragazzi sul tram, l’abbraccio che mi fa sciogliere, la colazione con un’amica, l’attesa della neve.

Devo aggiungerla alla lista dei “mi piace”, come ho potuto dimenticare?
Solo perché cade una volta ogni tanto a Roma non vuol dire che non mi piaccia e che non la sappia riconoscere. Solo perché non imbratto ancora le pareti bianche di casa non è detto che non possa farlo. Correre su un foglio e sulla tastiera del mio mac, bianco anche lui, mi piace come correre sul prato che cambia colore e diventa pericoloso, affascinante. 

La tentazione di uscire ancora per stare in mezzo ai fiocchi, infinitamente grata di poterlo raccontare.

"Ogni persona doveva avere un suo fiocco di neve, in cui c’era la mappa interna della sua vita. […] Secondo Ka, dietro alla vita di tutti c’erano una mappa e un fiocco di neve di questo tipo, e il fatto che le persone che da lontano si somigliano siano in realtà tanto diverse, strane e incomprensibili, si poteva dimostrare facendo l’analisi del fiocco di neve di ognuno". (tratto da Ohran Pamuk, Neve)

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