sabato 24 marzo 2012

Una questione di scelta

"Figlio di Laerte, divino Ulisse dalla mente accorta, è meglio che io parli chiaro e dica quello che penso, e quello che accadrà: così evitiamo di starcene a chiacchierare inutilmente. Che vantaggio c’è mai per chi combatte, sempre, senza tregua, contro qualsiasi nemico? Il destino è uguale, per il prode e per il vigliacco, uguale è l’onore, per il valoroso e per il vile, e muore ugualmente chi non fa nulla e chi si dà molto da fare: niente mi resta dopo aver tanto sofferto, rischiando in ogni momento la vita nel cuore della battaglia”.

"Ci impegniamo noi e non gli altri unicamente noi e non gli altri, né chi sta in alto né chi sta in basso, né chi crede né chi non crede. Ci impegniamo senza pretendere che altri s'impegnino, con noi o per suo conto, come noi o in altro modo. Ci impegniamo senza giudicare chi non s'impegna, senza accusare chi non s'impegna, senza condannare chi non s'impegna, senza disimpegnarci perché altri non s'impegna. Ci impegniamo perché non potremmo non impegnarci. C'è qualcuno o qualche cosa in noi, un istinto, una ragione, una vocazione, una grazia, più forte di noi stessi. [...] Ci impegniamo perché noi crediamo all'amore, la sola certezza che non teme confronti, la sola che basta per impegnarci perpetuamente (don Primo Mazzolari).

Ieri è uscito nelle sale il film The Lady, di Luc Besson, sulla storia del premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi. Famosa la sua frase "Usa la tua libertà per promuovere la nostra" e discussa e sofferta la scelta di stare col suo popolo e non con la sua famiglia.

Ecco, penso sia una questione di scelta, quella di superare la ragione di Achille e vivere consapevoli dell'orizzonte umano che proprio in quanto umani riusciamo a superare e a fare divino, non tutti, ne basta uno, non da soli.

1 commento:

  1. Ci sarà pur bisogno di un giornalismo sul lavoro globale, ma con quale approccio? Da editor o da reporter?
    Commenti o fatti?

    In Giappone, mediamente, un lavoratore fruisce di circa 10 giorni di ferie l’anno. E’ un fatto. Che si può leggere da ”destra” (possiamo ridurre le ferie anche qui) o da “sinistra” (preservare i diritti faticosamente conquistati, faticosamente da chi, a differenza di noi, non ignorava la vera fatica del lavoro e dell’uomo).

    Certo, in un giornalismo sul lavoro globale la riforma del diritto del lavoro, di cui ora si discute, troverebbe ben poco spazio, ai margini dell’impero (e di tutto, come siamo), nonostante il tradizionale pellegrinaggio governativo a Washington, pellegrinaggio compiuto da praticamente tutti i Governi della Repubblica e che di norma porta a paginate sui giornali italiani e a poche righe sulle pagine interne, molto interne, del New York Times. Sull’argomento icastiche pagine di Arbasino e Ronchey.
    mdp

    RispondiElimina