giovedì 19 giugno 2014

D come Death

Morte, vita.
Cadavere, persona.

Queste quattro parole le puoi leggere una in contraddizione dell'altra, una come andata e l'altra come ritorno, le puoi incrociare... il risultato sarà sempre lo stesso: ci stai facendo i conti.

Parlare e far parlare della morte non è facile, nella nostra cultura il tabù rimane, pure se crediamo nella resurrezione, ci avete fatto caso? Ci crediamo ma non bisogna parlarne, dà fastidio e porta pure male. Siamo leggermente ridicoli.

All'età di otto anni ho partecipato al primo funerale, quello di mio nonno paterno, e ho giurato a me stessa che mai avrei partecipato ad altri dolori se non avessi trovato anche il modo e la maniera di fare qualcosa con la morte, ché altrimenti sarebbe stata solo una pausa dai giorni di scuola.
Nel tempo ho scoperto di trovarmi a mio agio con i riti del Sud Italia, dell'Irlanda e del Sud del mondo, che col morto si parla e coi vivi si ricorda e si mangia insieme. Insomma, si celebra, non solo il sacerdote sull'altare.

Insomma, tutti i giorni usiamo tante parole, perché non anche per chi ci è stato e ci sarà sempre caro? Si piange per il dolore, ci si allontana e ci si avvicina. Se ci si perde sono guai.

Ed Prosser, un giovane producer radiofonico, ha fatto un audio documentario sulla morte. E ha scoperto che va a braccetto con la vita e che si tratta sempre di persone, quindi di noi.

Il titolo è D-Word. D come Death.




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