lunedì 22 ottobre 2012

Ridere al lavoro

Il fatto pubblico: Anche di questi tempi ridere sul lavoro si può, anzi si deve.
Una ricerca pilota della rivista online Tafter scopre se e come si ride nelle PMI italiane.
"Abbiamo messo a punto un questionario composto da circa trenta affermazioni alle quali è possibile esprimere il proprio grado di accordo/disaccordo con una scala Likert a cinque passi".
Il questionario è stato somministrato all'interno di sette medie imprese (con un numero di dipendenti compreso tra 130 e 250) operanti, in diversi ambiti, nel centro Italia; sono stati coinvolti circa 120 lavoratori con ruoli manageriali o comunque di responsabilità. Le sfere indagate erano quella personale, relazionale, problem solving, il clima lavorativo.
"La prima reazione da parte delle aziende è stata di notevole stupore (e un po’ di diffidenza) ma, dopo la somministrazione del questionario, si sono dimostrate molto interessate e curiose di conoscere sia i risultati sia l’influenza positiva dell’umorismo sull’individuo e sul clima lavorativo".

A cosa serve l’umorismo in ambito lavorativo: ad agevolare la comunicazione, a migliorare le relazioni interpersonali, ad alleviare le tensioni e lo stress, a ridurre la conflittualità e  favorire il pensiero creativo.

Il fatto privato: Penso che prima e più importante di raccontare una barzelletta in ufficio, fare battute che coinvolgano e smorzino eventuali toni aggressivi o polemici o situazioni di tensione sia necessario giocare d'attacco, e non in difesa. Cioè preparare un terreno comune di valori basati sull'ironia, che è una vera e propria competenza comunicativa che "mima  le false verità, le obbliga a svelarsi e ad approfondirsi, scopre gli scandali invisibili, rende conscio l'inconscio, fine di adottare le opinioni comuni per capovolgerle, svolgendo quindi una funzione quasi rivoluzionaria... Il suo scopo sarebbe quello di stabilire rapporti onesti e chiari". Ecco, le parole di Marina Mizzau tratte dal suo libro L'ironia sintetizzano e chiarificano il mio pensiero: sul lavoro si ride se si capisce perché si ride e se si vuole ridere davvero, cioè fare bene, favorire l'inclusione e portare a verità situazioni e persone.

Non ho mai creduto che dolore e fatica siano ontologicamente superiori rispetto al piacere e al divertimento nello svolgimento di un compito. Ridere e sorridere non come distrazione ma come mezzo per riacciuffare il senso di un'attività e portarla avanti sono validi alleati soprattutto nel caso di lavori lunghi e di routine.

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