domenica 24 agosto 2014

Dispense di carta in pinacoteca

Pomeriggio da turista a Roma, la mia città. Sono in centro e mi fermo a piazza Capo di Ferro, nel Rione Regola, e palazzo Spada, che non conoscevo, dove ha sede il Consiglio di Stato. Entro o non entro? Mi fermo davanti al pannello imbrattato e comunque poco leggibile che il Comune di Roma ha esposto poco più avanti e che descrive la storia del Palazzo: entro perché mi fido dell'architettura di Borromini più che della scrittura del Comune.

E così scopro la galleria con la falsa prospettiva: oltre il giardino dei melangoli, le arance amare, due file di doppie colonne una più stretta rispetto alla precedente e una pavimentazione con un motivo rettangolare che si va restringendo creano l'illusione dei piani che convergono in un unico punto di fuga: la galleria sembra lunga circa 35 metri, in realtà è lunga 8,82 metri. Diavolo di un Borromini, e di Giovanni Maria da Bitonto, che la costruì in un anno, tra il 1652 e il 1653.

Palazzo Spada, la falsa prospettiva di Borromini.
Foto A. Rapone
Al primo piano del palazzo i quadri della collezione del cardinal Bernardino Spada, e la seconda scoperta del turista ignaro. Ci sono quattro sale con opere interessanti come quelle di Artemisia Gentileschi, per dirne una, e cosa offre la Soprintendenza per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e del Polo Museale della Città di Roma, insomma il MIBAC? 

Dispense di carta, in italiano e nelle lingue europee a noi più note. Poggiate sui mobili e sugli arredi delle sale, riportano il numero che a ogni quadro è stato posto accanto, il nome dell'autore e il titolo dell'opera. Nei casi ritenuti più importanti anche la spiegazione.

Vuoi la carta, vuoi l'illuminazione artificiale che contrasta con la luce naturale, guardare le opere è faticoso e il gioco di abbinamenti fra i numeri della dispensa e quelli sul muro stanca e imbarazza. 

Direttrice Maria Lucrezia Vicini, facciamo qualcosa? Ho sfogliato con interesse il libro rosso su cui lasciare un pensiero e la firma: italiani e stranieri ringraziano del prezzo basso d'ingresso, 5 euro, e lamentano l'illuminazione non adatta e la difficoltà a capire il patrimonio che ci circonda. Troppo costose le audio guide? Inutili pochi pannelli curati nel testo e nella grafica? Impegnativi appassionati cultori della materia che siano anche custodi delle sale? Capisco, anzi no. 

E poi, dal 1 giugno scorso è entrato in vigore il "decreto Franceschini", per cui si possono fotografare le opere di proprietà pubblica nei musei statali di Roma, fra cui la Galleria Spada, appunto. Dunque perché ci sono ancora cartelli col divieto e il personale lo impedisce?







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