venerdì 15 gennaio 2016

Soli, ma all'opera per sé e per gli altri

E quindi..? Come avete passato le vacanze di Natale? Come avete cominciato l'anno? ... E Capodanno, ritiro nell'eremo o festa da ballo?

Le domande di rito, anche se per fortuna abbiamo superato già il rientro e i suoi traumi, fra cui proprio le domande di rito, sono il pretesto per riflettere sull'ansia diffusa a non essere soli.
Non é tanto o non solo la questione della scelta di dove e come passare l'ultimo dell'anno - perché una pazza notte a riflettere sul mondo fa originale e porta rispetto, anche - ma di come impostare tutti i giorni del calendario che non siano dannatamente giorni da soli.
Non é neanche di scelta sentimentale che parliamo, perché quella puó non essere una scelta, ed é meglio mettersi le cuffie e non dire parole.
É invece l'ansia del tempo senza impegni e senza ansie, appunto - sí, esiste ancora se ci fai caso, ce l'hai pure te - l'unico che ti permette di sprofondare nel tuo lavoro, nella tua passione, perfino di scoprirla se la senti ma ancora non la riconosci, nei gesti ripetuti di esercizi alla chitarra, coi pennelli, davanti allo specchio a recitare copioni, a copiare il fabbro maestro che svita e riavvita serrature e serrande.

"La padronanza esige solitudine", ricorda Noel Cobb in "Maestri per l'anima", di cui il sito www.jungitalia.it riporta alcuni estratti e citazioni di autori come il poeta raccoglie Rilke, che alla moglie scriveva:

Credo che sia questo il compito maggiore di un legame fra due persone: che ciascuno sia a guardia della solitudine dell'altro.

E certo, perché la solitudine non vuol dire non avere famiglia, non essere coppia, non crescere figli ma tenere continuamente, faticosamente, meravigliosamente la necessitá profonda di scrivere anche solo una riga al giorno, la nota sullo spartito di una vita, la concentrazione a coltivare in fin dei conti se stessi.

In giornate in cui ho visto l'idraulico parlare con un sifone difettoso, un musicista riascoltare un brano  giá composto mille sere... e oggi leggo che "se vogliamo davvero padroneggiare un po' la materia, dobbiamo passare delle ore, dei giorni, dei mesi, soli con essa" mi rallegro e convinco del fatto che la solitudine intesa come dilatazione di tempo e spazio é necessaria per conoscersi, fare sempre meglio, stare e tornare nella coppia e nella comunitá più liberi, sicuri, felici.

Esagero?

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