Sabato mattina ero all’Alberone, quartiere a sud est di Roma, dove fino al giorno prima, il 7 novembre, a via Gino Capponi angolo via Appia Nuova, c’era un grande albero a fare ombra e da punto di riferimento di tutta la zona. Era stato piantato nel 1986 in sostituzione di quello storico che aveva dato il nome al quartiere. Sotto la pioggia battente il grande leccio non ce l’ha fatta, sono rimaste le radici ad ancorarlo a terra, il tronco s’è aperto, la chioma è finita giù e ha fatto pure male ai passanti.
Insomma, sabato mattina ho visto quello che è rimasto, un tronco segato, fa impressione. La cosa più impressionante, però, sono stati gli abitanti del quartiere che, ancora una volta, si sono ritrovati a chiacchierare sotto l’ombra che non c’è più a parlare di lui, dell’albero, dei suoi odori e della sua forza: sembrava l’elogio funebre per l’amico scomparso anzitempo, quello che segna l’infanzia e c’accompagna in ogni altra stagione di vita.
Nel quartiere "Alberone" (Appio Latino), Roma |
Qui l’audio delle “quick chat” prima delle interviste al mercato e al bar.
“Ogni volta che si entra nella piazza, ci si trova in mezzo a un dialogo”
Italo Calvino, Le città invisibili
Nessun commento:
Posta un commento