E allora torno a Roma, riassaporo il caldo, sui mezzi pubblici incontro le facce dei ragazzi che vanno a scuola e a cui capita di incontrare anche loro, i Piccoli Maestri. Beati loro, gli scrittori che vanno in classe a leggere il libro del cuore per far nascere la passione della lettura, beati i ragazzi che ricevono il dono comunque vada a finire, beati i maestri stessi, cioè gli insegnanti che aprono il programma didattico ad altro che è la base del programma stesso.
"Ognuno di noi ha scelto un libro che ama, quello dal quale magari tutto è partito, quello che ci ha fatto capire che stavamo sbagliando tutto, quello che per la prima volta ci ha fatto domandare «chi sono io?». O molto più semplicemente il libro che più ci ha fatto ridere, o piangere, o saltare sulla sedia".
Ecco, copio dall'articolo di Emilia Zazza sul Corriere di ieri la spinta a entrare in classe, ognuno ha la sua e non per forza il suono è quello della campanella, e partecipare alla costruzione della propria identità e di quella degli altri. Loro saranno pure beati ma si danno da fare per sé e per gli altri, forse sono beati proprio per questo.
In questo inizio di ottobre e dopo le prime settimane di scuola tanto vale dircelo subito se siamo disposti a impegnarci per far emergere passioni e speranze, a dispetto di chi ci vuole guerrieri o scansafatiche.
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