Pienezza di vita, tanta acqua, fatica e respiro, tutto prima. Non participio passato, compiuto e quindi perfetto, è ancora ferita quella vita che continua e che resta forma informe.
Qualcuno dice che non è mai pronta e la festa da rimandare, è che le piace preparare, la farina messa a cono sul tavolo della cucina, l'albero di Natale.
Guarda le bambine in biblioteca che il padre chiama ragazze e loro si aggiustano i capelli e toccano la carta, ride al pallone di quel figlio che gli rotola sui piedi e che l’annusa come madre ragazza. Hanno la faccia delle benedizioni, non sente contraddizioni.
La donna in attesa non porta sempre vestiti larghi e la pancia gonfia, anche se ogni bene passa da lì. Con le energie ci cova i sogni, che non si conoscono mai del tutto, imperfetti violenti come radici storte che irrompono nell’asfalto. Chiede solo un tempo per coccolarli, anche se non hanno il fiocco rosa o azzurro che li annuncia, per i segni c’è la sabbia e poi c'è la tomba.
Se il tempo non glielo danno tira giù le lacrime, perché s'è arresa a essere umana e a far uscire ogni giorno qualcosa di sé.
Buona festa della mamma a chi nove mesi non bastano per far nascere un figlio, a chi senza sangue partorisce ogni giorno un'idea, l'intuizione, quel progetto da seguire senza nome, che suona strano. Buona festa a chi riconosce un altro e se lo porta dentro, proprio come una mamma fa ora in ogni tempo.
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