venerdì 18 settembre 2015

Per amor di comprensione, le parole sotto al film

Sono andata a vedere un film coi sottotitoli, italiani in un film italiano. Scelta stilistica, pensavo, visto che la protagonista traffica con parole e battute scritte: Anna, cioè Valeria Golino, fa la "suggeritrice" sul set, il "gobbo" su carta, e aiuta gli attori a non perdersi nella parte. Il film è Per amor vostro, di Giuseppe M. Gaudino, uscito ieri nelle sale e Coppa Volpi per Valeria Golino alla 72esima Mostra del Cinema di Venezia.

E invece no, i sottotitoli servono per far capire a tutta Italia quello che i bravissimi attori nel film ambientato e dedicato a Napoli dicono, in napoletano. E invece io avrei preferito non vederli, anche se non danno mai fastidio e si accordano facilmente coi cambi di scena e col montaggio spinto e con le trovate pazzesche del film, vedi gli "effetti speciali".

Per amor vostro - colonna sonora originale, sul mio divano:-)

Ma Roma in cui mi muovo è troppo vicina a Napoli, io il napoletano lo sento dentro, e chissà se un veneto o un astigiano capirebbero, si saranno chiesti alla produzione. Io scommetto di sì - non c'è solo dialetto, ci sono parole, inflessioni, modi di poggiarsi sulle lettere e riprendere fiato - e avrei scomesso sull'Italia e la lingua unite alla faccia di chi si chiude e teme l'incomprensione.
E poi c'è più di una scena in cui le donne parlano e non vengono sottotitolate... perché?

Potremmo pensare che il loro parlare sia più chiaro e non necessiti di altro aiuto, che nasca già generoso.

Ma sarebbero solo fatti nostri nel buio della sala, mentre intanto ci godiamo la musica degli Epsilon Indi, che con sapienza crea e s'infila negli ambienti sonori, l'autobus come la cucina di casa, il vento sul dirupo, la realtà e il sogno, anzi l'incubo, invenzioni e brani della tradizione popolare. Bravi, così bravi che quella musica me la sono portata a casa per continuare ad ascoltarla.









venerdì 11 settembre 2015

Buon anno, di ascolto e relazioni

Dov'eravamo rimasti? Le vacanze, il registratore, le linguette ai libri per non dimenticare passaggi belli, insomma il nostro presente e la nostra memoria.

Uno dei metodi per allenarla, la memoria, e mantenerla giovane e capace di assorbire, elaborare e creare è l'atto primo di ogni conversazione e incontro, cioè l'ascolto. Che poi è anche, guarda un po', uno dei "ferri del mestiere" di editor, quello fondamentale e impastato di rispetto e attesa oltreché di orecchie.

A chi smonta e rimonta testi per lavoro il suggerimento è sempre quello di leggerli e rileggerli a voce alta per sentire se la voce inciampa o cammina spedita, se ha un'andatura sicura o sbilenca, se basta allacciare meglio una scarpa o se il terreno è di sabbia e conviene provare a stare a piedi nudi. Anche qui ci vuole allenamento, niente di esagerato ma anche niente di improvvisato. Insomma, affidarsi al suono e non solo alla mano e alla vista.

Mi rendo conto solo ora che c'è un momento che perfino precede i suoni, ed è semplicemente la relazione con se stessi. Lo scopro ancora in questo momento in cui ho appena finito di evidenziare la parola "relazione" della riga precedente e per cui ho scelto di non prendere anche l'articolo determinativo che la precede: non l'ho fatto solo perché così fan tutti, è comodo per il copia e incolla e i motori di ricerca, il significato passa per la parola lunga mica per l'articolo corto... e invece l'ho fatto soprattutt perché la voce si è interrotta subito dopo l'articolo e la parola "relazione" e per di più "con se stessi" è uscita con un'enfasi maggiore della forza delle lettere sulla tastiera. Perché mi sono fermata? Perché ho fatto quella brevissima eppure importante pausa? Perché ci credo, perché stava per arrivare il climax dell'intera frase. Perché era quello il punto su cui volevo portare l'attenzione e poi mettere sì il punto. Poi spiego.

Non che siamo sempre consapevoli di tutto questo processo mentre scriviamo, possiamo diventarlo nella fase precedente se ascoltiamo la nostra voce interiore e quindi le intenzioni che ci guidano a trattare un testo in un modo o nell'altro e possiamo diventarlo nella fase successiva, quella della revisione a voce alta.

"La parola ha senso solo in quanto è in rapporto con la profondità del proprio essere, che non è solo il giudizio che dà la mente, ma che è fatta dalle emozioni, dalle sensazioni, dalla memoria". Così sulla "Domenica" del Sole 24 Ore il 23 agosto scorso il poeta Franco Loi a proposito della poesia.

I suoni: guida per l'inconscio
è il secondo "appuntamento" di una serie dedicata alla poesia, che mannaggia sembra sempre così lontana dalla realtà quando invece riacciuffa il passato e lo rende eterno presente e noi eterni ragazzi immersi nell'attimo fuggente.

Finite le vacanze e dopo aver usato il registratore, torno a fare l'editor, quindi ad ascoltarmi e ascoltare i suoni che arrivano attraverso la parola scritta e quella parlata. Buon anno a tutti.