domenica 31 maggio 2015

Smart working. Contro il logorio della vita moderna

Quante cose rimangono fuori da un audio documentario, un po' come i pezzi di un vestito che puoi riusare per colletti, per la cinta, per un fiocchetto messo dove ora va bene così. Non so creare un vestito e l'immagine di una stoffa verde che prende forma viene dal cassetto della memoria a casa di mia nonna, lei sì brava sarta.

E proprio mia nonna è quel pezzetto di stoffa che non ho usato per il mio nuovo audio documentario sullo smart working ma che vorrei proprio farvi ascoltare perché mia nonna l'ho registrata, l'ho conquistata con un dolce al cioccolato di cui va matta, l'ho ascoltata. E alla fine, d'accordo con lei, l'ho lasciata per il fiocchetto a vestito ultimato.

Ecco, facciamo così, ora vi scrivo poche righe sul progetto che da domani potete ascoltare in radio, poi mia nonna che parla di lavoro ce la sentiamo tra un po', in una super podcast tutto per lei, ci state? Un audio documentario è anche questo, l'immersione in molteplici realtà, la scelta di quali raccontare, il sacchetto con altro materiale prezioso che mai sarà scarto ma anzi tesoro.

Si chiama Smart working. Contro il logorio della vita moderna (l'omaggio alla réclame con Ernesto Calindri è nota a tutti, vero?) e va in onda da domani 1 giugno a venerdì 5 giugno su Radio Tre Rai per il programma Tre Soldi. L'orario è dalle 19.45 alle 20.00
Cinque puntate per capire insieme cosa significa il lavoro "agile", ma non flessibile, e se reputiamo utile riorganizzare tempi e luoghi di lavoro. Per fare questo, qui sotto alcune domande-guida:

Sono più o meno responsabile se durante lo sciopero dei mezzi pubblici resto a casa a lavorare invece di cercare di raggiungere il posto di lavoro accumulando ritardo con qualsiasi altro mezzo a mia disposizione? Posso rinunciare al flirt col collega per quello col barista sotto casa, se proprio sono pigro e non guardo altrove? Quanto sta male il mio capo se non mi vede per tutto un giorno? Quanto mi manca la macchinetta del caffè e le chiacchiere coi colleghi che non sopporto?
Se al parco col pc mi cade un ramo in testa chiamo il capo, il sindacato, il marito o risalgo fino agli avi? 


E qui il trailer audio, buon ascolto.





I piedi e il tablet sono di Adriano, un signore che ho disturbato in pausa pranzo nel verde vicino al lavoro. Grazie ancora della collaborazione, siamo stati "smart".

martedì 26 maggio 2015

Hey, Teachers, leave those kids alone! ... soli ma non troppo

Il sistema scolastico che opprime e il sistema fabbrica che aliena. Gli studenti col volto coperto e gli gli operai che marciano lenti: il video Another Brick in the Wall dei Pink Floyd come il film Metropolis di Fritz Lang.

"Lasciateci stare" ma al tempo stesso "non perdeteci di vista", non per controllare ma per costruire reti di fiducia. Nell'ora d'aria giochiamo in cortile e pretendiamo che gli insegnanti stiano con noi ma non al cellulare o a fumare tra di loro. Nel lavoro vogliamo il capo che non stiamo dietro a vedere il nostro pc ma davanti a mettere la faccia di strategia e azioni. Tutti responsabili.

Questa dovrebbe essere la buona scuola e il buon lavoro di ogni mattina, no?


mercoledì 20 maggio 2015

Buon compleanno Statuto dei lavoratori

Oggi il fatto pubblico è che il 20 maggio 1970 nasceva lo Statuto dei lavoratori, legge fondamentale sul lavoro in Italia che già al primo articolo stabilisce la libertà di opinione del lavoratore, che non può essere oggetto di trattamento differenziato in relazione alle sue opinioni, politiche o religiose. All'articolo 4, invece, contiene il "divieto di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza".

Erano gli anni in cui non si poteva fare capannello per parlare di politica o svolgere attività sindacale. Erano gli anni che seguivano quelli in cui una donna incinta poteva essere licenziata.

Trasecoliamo noi oggi, vero?, ma non è faccenda solo di ieri, visto che per moltissimi stagisti, lavoratori con contratti a progetto, interinali, a tempo determinato la faccenda non è poi così diversa o lontana. Cambia la cornice, cambiano gli abiti da lavoro, cambia la pettinatura ma il corpo di norme sul lavoo va rivisto alla luce del nuovo contesto sociale e politico. E bisogna far presto, anzi ora è già tardi, cari sindacati e aziende e lavoratori e politici: Marta aveva un contratto di lavoro per un anno in una grande azienda di servizi, alla notizia del matrimonio le hanno fatto notare che avrebbe dovuto dichiararlo al momento dell'assunzione anche se era ancora incerta, il viaggio di nozze è stato spostato perché il periodo coincideva con quello di un suo collega a tempo indeterminato e le è stato detto, tra il serio e il faceto, di non fare subito figli, poi il carico di lavoro giornaliero è aumentato, le spiegazioni sull'attività da svolgere nulle, i saluti nessuno, gli errori all'improvviso tanti... Marta ha mollato e tra poco si sposa, disoccupata ma felice a tempo determinato.

Questo è il fatto privato, e finché resta privato continuiamo a sbagliare e a festeggiare compleanni che ci fanno solo più vecchi e non più saggi.




domenica 17 maggio 2015

Fabio Fazio e Peppa Pig, come (non) ti porto l'inglese in tv

In quella manciata di secondi in cui l'auricolare dell'attore Michael Caine alla trasmissione domenicale "Che tempo che fa" di Fabio Fazio smette di funzionare, io capisco finalmente perché l'Italia è in crisi. Mi dà conferma il conduttore Fazio che, strizzando l'occhio al luogo comune per cui gli italiani le lingue non le sanno, rivela al pubblico e all'attore inglese che se l'audio dell'interprete non fosse tornato in tempo sarebbe stata una tragedia. Non chiede scusa ma usa la sua ignoranza, vera o presunta, verso la lingua straniera, per farci riconoscere tutti uguali, tutti egualmente mancanti di dimestichezza di altro linguaggio che non sia quello della Littizzetto a seguire e di altra lingua che non sia quella di Gramellini la sera del giorno prima. Che noia, Fazio. Che arroganza, Fabio.

Lasciaci stare sul divano o davanti al piatto in tavola e risolvitelo tu l'eventuale imbarazzo del tuo scarso o nullo inglese davanti alle telecamere e a Caine che ti guarda comunque attonito. Noi ti giudichiamo perché ti paghiamo e pretendiamo, da te e dalla Rai. Che poi è lo stesso servizio pubblico che, rivolto ai bambini, li invita su Rai Yo Yo a imparare l'inglese con Peppa Pig
Perché il maiale sì e Fazio no? Perché i piccoli possono e i grandi non devono? Perché un conduttore non riesce a preparare e condurre un'intervista multilingua sulla rete pubblica? 

L'Italia non è in crisi perché Fazio con gli ospiti stranieri non riesce ad andare oltre all'iniziale domanda How are you? ma perché, implicitamente ed esplicitamente, comunica che su quella domanda si può rimanere, ci si può accontentare, non si è soli anzi così simpatici e popolari.

E' invece un affronto all'impegno e agli sforzi di ogni ragazzo a scuola, di ogni sportivo che cerca il proprio limite per superarlo, di chi non bara, di chi non copia. Di chi ascolta la propria voce pronunciare parole "altre" e non ne ha paura anzi cura. Un po' come accade con le persone, che se rischi di conoscerle finisce pure che rischi che ti piacciano e non le molli più. Chissà se a Fazio la sua voce piace, lui che faceva l'imitatore non dovrebbe temere i suoni e conoscere le persone, no?








domenica 3 maggio 2015

Ma poi cos'è un Daredevil rosso?

Per Tess

Giù nello Stretto le onde schiumano
come dicono qui. Il mare è mosso e meno male
che non sono uscito. Sono contento d'aver pescato
tutto il giorno a Morse Creek, trascinando avanti
e indietro un Daredevil rosso. Non ho preso niente.
Neanche un morso. Ma mi sta bene così. E' stato bello!
Avevo con me il temperino di tuo padre e sono stato seguito per un po' da una cagnetta che i padroni chiamavano Dixie.
A volte mi sentivo così felice che dovevo smettere
di pescare. A un certo punto mi sono sdraiato sulla sponda
e ho chiuso gli occhi per ascoltare il rumore che faceva l'acqua
che soffia giù nello Stretto, eppure è diverso.
Per un po' mi sono concesso il lusso di immaginare che ero morto
e mi stava bene anche quello, almeno per un paio
di minuti, finché non me ne sono ben reso conto: Morto.
Mentre me ne stavo lì sdraiato a occhi chiusi,
dopo essermi immaginato come sarebbe stato
se no avessi davvero potuto più rialzarmi, ho pensato a te.
Ho aperto gli occhi e mi sono alzato subito
e son ritornato a esser contento.
E' che te ne sono grato, capisci. E te lo volevo dire.

Nell'ultimo post parlavamo di poesie, eccone qui una. Fu scritta da Raymond Carver, che ce la apre come fosse una cozza nel libro Il mestiere di scrivere, che per tutti gli amanti di pagine scritte e punti, punti e virgola è un riferimento importante.

Quanto poco pudore, questo Carver che passa con disinvoltura dall'amo di pesca all'amo verso Tess, e poi chi è Tess? Non la nomina mai, se non nel titolo. Ci dice che ha un padre che aveva un temperino, semmai. Ci fa ascoltare il rumore del mare appiattito sulla sponda come fosse morto, ci ricorda che le onde "schiumano" e allora le orecchie dei ragazzi di oggi potrebbero rizzarsi come quelle della cagnetta Dixie al suono di una parola conosciuta che loro usano spesso per indicare quando sono arrabbiati, "fuori di sé dall'ira", dice il dizionario Treccani e allora quanto sono bravi a passare a un uso figurato della stessa parola che nasce dal mare.
E poi il gran finale, la necessità di dire quello che si prova. E quella "e" dopo l'ultimo punto si ribella a tutte le regole di grammatica delle elementari e delle prof nelle scuole a seguire e aiuta il sentimento a uscire e diventare pubblico. Applauso.

Ecco, queste sono solo alcune note di quello che accade dentro la poesia, Carver non si ferma: con la stessa disinvoltura  nel libro che la contiene ci dice perché l'ha scritta e prima di tutto cos'è una poesia.

"Ricordatevi che una poesia non è soltanto un atto di espressione personale. Una poesia o un racconto è un atto di comunicazione tra lo scrittore e il lettore. [...] Credo di essere nel giusto quando penso che quella di essere capito sia una premessa fondamentale da cui qualsiasi buon scrittore deve prendere le mosse o, piuttosto, una meta da prefiggersi.

Ma poi cos'è un Daredevil rosso?;-)